Roma è sotto assedio dell’incapacità e del pressapochismo. Il governo della città si esprime tramite mediocri spot di immagine e vuoti sostanziali su temi cruciali: trasporti, rifiuti, servizi alla persona, manutenzione. Alla sindaca Raggi e al suo entourage manca sia un’idea di città, anzi un’idea di Capitale, che un’idea di gestione ordinaria. Eppure, nonostante lo sfascio a cui la politica consegna Roma, segni di rinascita civile si diffondono con sempre maggiore pervasività nei quartieri romani. Giornali come La Repubblica (in particolare con rubrica “La Città che resiste” nella cronaca di Roma), riviste come Left e l’Espresso hanno monitorato, sostenuto e affiancato questa rinascita, con importanti articoli nei quali è emersa la voce della città che resiste, quella delle piccole e grandi comunità che non parlano di cambiamento, lo praticano quotidianamente. È la comunità del fare quella che ci racconta di un’alternativa possibile, una collettività plurale che riconosce i propri pari e, spesso, non si riconosce nei partiti e nei soggetti organizzati della Sinistra ufficiale. Se guardiamo con attenzione quello che cresce sotto le macerie dei partiti scopriamo un mondo che unisce il saper fare alla visione complessiva di cambiamento: “grande come una città”, le comunità agenti del Municipio VIII, il movimento delle donne, i tanti comitati locali su ambiente, politiche sociali e culturali, le reti antirazziste e molte altre soggettività in città, affermano l’esigenza di esserci, di mettere a disposizione il proprio tempo per cambiamenti concreti, si esprimono in termini sempre più ampi nei laboratori di riqualificazione della vita urbana, nell’attivismo a sostegno delle fasce povere della popolazione, nella difesa dei diritti umani e civili. Questi laboratori civici hanno, di fatto, indicato la strada per sconfiggere le destre alle scorse elezioni amministrative nei Municipi VIII e III, facendosi forza egemone sui programmi e sui modelli partecipativi, tutti fondati sull’abbassamento della soglia di accesso alla politica, sull’inclusione, sul rifiuto di meccanismi di delega e di legittimazione verticistica da parte delle segreterie delle forze politiche. Mi sembra che la risposta al populismo e alle destre razziste sia già sotto i nostri occhi, stia dentro questa moltitudine; matura con sempre maggiore consapevolezza un ruolo più marcatamente politico intorno alle amministrazioni dei quattro Municipi romani amministrati dalla sinistra, mentre in tutti gli altri compone, consapevolmente o meno, la tessitura sociale di una ipotesi alternativa di governo della cosa pubblica. Su un piano più ampio, cittadino, la mobilitazione delle donne (sia a sostegno della Casa Internazionale e di Lucha y siesta che per l’assunzione nell’agenda politica delle priorità indicate dal movimento femminista), quella contro gli effetti locali del decreto Salvini, le mobilitazioni per l’ambiente e il diritto all’abitare, configurano uno spazio civico ricco di professionalità, saperi e visioni fondamentali per qualsiasi proposta di governo della città. Presto si tornerà a discutere intorno alle elezioni comunali, all’assetto che la sinistra dovrà darsi per questa cruciale scadenza. È necessario “soltanto” che questa ricchezza acquisti consapevolezza della propria potenza costituente di un nuovo spazio politico; è necessario che trovi le occasioni per mettersi in rete e definire le regole del gioco di una rinascita politica e culturale della città. Dovremo, nei mesi che ci aspettano, denunciare con maggiore coraggio i disastri che il governo di Virginia Raggi procura alla città, dovremo intensificare l’opposizione a questa maggioranza tracotante e incompetente e al tempo stesso favorire il dialogo e la messa in rete del civismo politico che anima i nostri territori. Federare il civismo politico, quindi, e, come diceva bene Amedeo Ciaccheri in un recente articolo, i soggetti concreti dell’operatività sociale e culturale, la pluralità delle “comunità agenti” presenti in città. In fondo, occorre investire sul grande capitale sociale, di partecipazione pubblica emergente; dobbiamo raccogliere il segnale delle ultime amministrative municipali: investire sulla partecipazione diretta dei cittadini e, insieme, sulla necessità di rinnovamento delle forze politiche della sinistra. Si può fare.

Roma è sotto assedio dell’incapacità e del pressapochismo. Il governo della città si esprime tramite mediocri spot di immagine e vuoti sostanziali su temi cruciali: trasporti, rifiuti, servizi alla persona, manutenzione. Alla sindaca Raggi e al suo entourage manca sia un’idea di città, anzi un’idea di Capitale, che un’idea di gestione ordinaria. Eppure, nonostante lo sfascio a cui la politica consegna Roma, segni di rinascita civile si diffondono con sempre maggiore pervasività nei quartieri romani. Giornali come La Repubblica (in particolare con rubrica “La Città che resiste” nella cronaca di Roma), riviste come Left e l’Espresso hanno monitorato, sostenuto e affiancato questa rinascita, con importanti articoli nei quali è emersa la voce della città che resiste, quella delle piccole e grandi comunità che non parlano di cambiamento, lo praticano quotidianamente. È la comunità del fare quella che ci racconta di un’alternativa possibile, una collettività plurale che riconosce i propri pari e, spesso, non si riconosce nei partiti e nei soggetti organizzati della Sinistra ufficiale.
Se guardiamo con attenzione quello che cresce sotto le macerie dei partiti scopriamo un mondo che unisce il saper fare alla visione complessiva di cambiamento: “grande come una città”, le comunità agenti del Municipio VIII, il movimento delle donne, i tanti comitati locali su ambiente, politiche sociali e culturali, le reti antirazziste e molte altre soggettività in città, affermano l’esigenza di esserci, di mettere a disposizione il proprio tempo per cambiamenti concreti, si esprimono in termini sempre più ampi nei laboratori di riqualificazione della vita urbana, nell’attivismo a sostegno delle fasce povere della popolazione, nella difesa dei diritti umani e civili.
Questi laboratori civici hanno, di fatto, indicato la strada per sconfiggere le destre alle scorse elezioni amministrative nei Municipi VIII e III, facendosi forza egemone sui programmi e sui modelli partecipativi, tutti fondati sull’abbassamento della soglia di accesso alla politica, sull’inclusione, sul rifiuto di meccanismi di delega e di legittimazione verticistica da parte delle segreterie delle forze politiche. Mi sembra che la risposta al populismo e alle destre razziste sia già sotto i nostri occhi, stia dentro questa moltitudine; matura con sempre maggiore consapevolezza un ruolo più marcatamente politico intorno alle amministrazioni dei quattro Municipi romani amministrati dalla sinistra, mentre in tutti gli altri compone, consapevolmente o meno, la tessitura sociale di una ipotesi alternativa di governo della cosa pubblica.
Su un piano più ampio, cittadino, la mobilitazione delle donne (sia a sostegno della Casa Internazionale e di Lucha y siesta che per l’assunzione nell’agenda politica delle priorità indicate dal movimento femminista), quella contro gli effetti locali del decreto Salvini, le mobilitazioni per l’ambiente e il diritto all’abitare, configurano uno spazio civico ricco di professionalità, saperi e visioni fondamentali per qualsiasi proposta di governo della città. Presto si tornerà a discutere intorno alle elezioni comunali, all’assetto che la sinistra dovrà darsi per questa cruciale scadenza. È necessario “soltanto” che questa ricchezza acquisti consapevolezza della propria potenza costituente di un nuovo spazio politico; è necessario che trovi le occasioni per mettersi in rete e definire le regole del gioco di una rinascita politica e culturale della città.
Dovremo, nei mesi che ci aspettano, denunciare con maggiore coraggio i disastri che il governo di Virginia Raggi procura alla città, dovremo intensificare l’opposizione a questa maggioranza tracotante e incompetente e al tempo stesso favorire il dialogo e la messa in rete del civismo politico che anima i nostri territori. Federare il civismo politico, quindi, e, come diceva bene Amedeo Ciaccheri in un recente articolo, i soggetti concreti dell’operatività sociale e culturale, la pluralità delle “comunità agenti” presenti in città.
In fondo, occorre investire sul grande capitale sociale, di partecipazione pubblica emergente; dobbiamo raccogliere il segnale delle ultime amministrative municipali: investire sulla partecipazione diretta dei cittadini e, insieme, sulla necessità di rinnovamento delle forze politiche della sinistra.
Si può fare.