Che senso ha mettere i sigilli in un luogo che garantisce di fatto minore marginalità sociale? Che contrasta ogni forma di esclusione?

 

Sono arrivati i carabinieri. Quelli del Nucleo investigativo di Caserta, su richiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere a porre i sigilli in uno dei luoghi più importanti della città: il Csa Ex Canapificio. Spazio di accoglienza, di vertenza sindacale, di inclusione sociale, di contrasto al crimine organizzato. «Ci hanno notificato un verbale di sequestro preventivo ex articolo 677 comma 1 e 3 basato su indagini e perizie tecniche racconta Gianpaolo – uno degli attivisti storici del Centro – Vogliono garantire la nostra incolumità» Ci hanno scritto.

Ma intanto proviamo a sgomberare il campo. A differenza di quanto il ministro dell’Interno continua ad affermare, il Centro Sociale non è uno «spazio occupato che gestisce soldi pubblici e per cui è finita la pacchia». Si tratta di un luogo assegnato in cui esiste uno Sprar da anni, gestito dall’associazione e in cui si svolgono tutte le pratiche per il riconoscimento delle domande di asilo, tanto da divenire punto di riferimento di una realtà ampia e che raccoglie tutta la provincia, il Movimento Migranti e Rifugiati di Caserta. Una occupazione, in altro locale, l’ex Macello di Via Laviano, c’era stata nel 1995 ma già 3 anni dopo, nel 1998 chi ci operava si è trasferito nell’ex Canapificio, a Viale Ellittico, altro capannone abbandonato a poche decine di metri dalla Reggia di Caserta. Ma perché i sigilli in un luogo che garantiva di fatto minore marginalità sociale? Che contrastava ogni forma di esclusione? Ufficialmente, secondo il perito della Procura di Santa Maria Capua Vetere, sul tetto ci sono infiltrazioni di acqua che metterebbero a rischio la struttura, in particolare il tetto. Si tratta di problematiche strutturali non così gravi e urgenti, di cui la Regione, proprietaria dell’immobile è perfettamente a conoscenza da anni ma su cui non c’è mai stato alcun intervento per una “messa in sicurezza”. Eppure nel centro, oltre che gli uffici dello Sprar, ci sono uno sportello di sostegno al reddito, dove presentare domande per il Rei e per il Reddito di cittadinanza, utile anche ai cittadini casertani, ma evidentemente non bastava. Da ormai venti anni, altro che business e “pacchia che è finita” come insiste l’ineffabile guidatore di ruspe, nel centro operano, volontariamente uomini e donne, italiani e migranti che si occupano delle più diverse tematiche. «Abbiamo praticato forme diverse di lotta – racconta Mimma – ma sempre nella convinzione di combattere uno sfruttamento concreto. Siamo contro una società organizzata per perseguire profitto, per comprimere i diritti delle persone e garantire benessere solo ad una parte ristretta». Venti anni fa, quando hanno iniziato, molti erano giovanissimi ma già consapevoli della necessità di costruire giustizia sociale guardando tanto a quanto accadeva lontano che a quello che si determinava nel proprio territorio. Così hanno acquisito un consenso trasversale che andava dal vescovo, alle istituzioni, alle realtà più conflittuali. Hanno praticato vertenze concrete, rivolte ai più vulnerabili, in nome dell’avanzamento dei diritti. Significative le parole di Andrea Segre, alla notizia dell’intervento repressivo. «L’Ex Canapificio – ha detto – è uno dei luoghi in cui di maggiore civiltà e umanità che io abbia mai conosciuto. Lì ho girato i miei film Il Sangue Verde, Come il Peso dell’Acqua, IBI e lì ho conosciuto persone davvero speciali che per sempre ringrazierò. Il Centro per altro gestisce uno dei progetti di accoglienza più grandi d’Italia, un progetto ufficialmente inserito nella rete Sprar di Anci e ministero Interni. Eppure da alcune settimane è sotto attacco di inchieste e provvedimenti che hanno portato alla sua “sigillatura” e sequestro. Chiedo alle istituzioni pubbliche che ben conoscono l’attività del Centro e che spesso ne parlano pubblicamente come uno dei progetti più positivi d’Italia di far sentire la propria voce. Chiedo a tutti i cittadini italiani e non di far sentire la propria solidarietà, perché attaccare e chiudere realtà come questa significa bloccare il futuro del Paese. Non possiamo accettarlo. Mobilitiamoci tutti».

Ancora più secca la risposta degli attivisti del Centro, dopo il pronto tweet di giubilo proveniente dal Viminale: «In merito al tutt’altro che inatteso comunicato del ministro Salvini sul sequestro dei locali dell’ex-Canapificio di Caserta, vogliamo precisare quanto segue: 1) Il ministro sa fin troppo bene che i finanziamenti/Sprar, che provengono dal suo ministero i cui controlli dal lontano 2007 hanno sempre constatato l’eccellenza della relativa gestione, senza la benché minima censura, sono finalizzati all’assistenza dei titolari di protezione internazionale, per cui dovrebbe il signor ministro guardarsi bene dall’istigare alla commissione di un reato, quello di “distrazione di fondi”, in cui i gestori del progetto/Sprar (oggi Siproimi) incorrerebbero ove utilizzassero impropriamente quei fondi per la manutenzione, senza peraltro aver nessuno scudo immunitario come quello che evita al ministro Salvini di andare a processo e al segretario leghista Salvini di restituire congruamente 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici scomparsi nei conti della Lega; 2) Il ministro deve aver letto frettolosamente il decreto di sequestro della procura di Santa Maria Capua Vetere, perché ignora che nel provvedimento i lavori di manutenzione, come è ovvio, vengono espressamente richiesti alla Regione. 3) Il ministro Salvini è già stato da noi querelato per averci già in precedenza diffamato; ci riserviamo di fare altrettanto anche di fronte alle sue odierne esternazioni».

Ma ci sono anche risposte di ordine più concreto, come racconta Gianpaolo: «Ovviamente ci rimettiamo alle decisioni della magistratura ma noi abbiamo sempre agito con coscienza e non abbiamo paura, ribatte. Ci hanno chiuso il centro ma non ci fermiamo. Riapriamo in città, con tutti quelli che hanno collaborato con noi negli anni dalle associazioni alle parrocchie, dall’università ai tanti e alle tante che ci stanno manifestando sostegno. La nostra esperienza non è rappresentata da un luogo ma da persone che tentano di costruire una città diversa. Per questo proseguiremo con il garantire i servizi dello Sprar, garantiremo anche per strada o negli spazi che ci verranno offerti da chi ci sostiene, la possibilità di continuare a svolgere le pratiche burocratiche per gli immigrati, gli appuntamenti in questura, le audizioni alle commissioni per la richiesta di asilo, i ricorsi, le nostre forme di sindacalismo sociale». E poi immediatamente mobilitazioni: «È per questo che da giovedì, 14 marzo, dalle ore 10 convochiamo un presidio ad oltranza in piazza della prefettura e sabato 16, alle 14 partirà una grande manifestazione nazionale in tutta la città a cui tutte/i sono invitate/i #siamotutticentrosocialeexcanapificio».

Contro il ministro partirà una seconda querela ma intanto si condivide una riflessione comune. L’accanimento formale contro l’Ex Canapificio somiglia troppo a quello che si continua a svolgere contro Mimmo Lucano e l’esperienza di accoglienza di Riace. Si cerca il cavillo formale per interrompere esperienze sostanzialmente diverse da quelle da business che tanto piacciono agli inquilini del Viminale. Chi saranno i prossimi? E come reagire pacificamente senza subire l’ennesima ingiustizia in nome del potere?