Un sabato di febbraio sono andata a Caprarola, piccola cittadina medievale situata nella Tuscia, una zona del Lazio settentrionale in provincia di Viterbo, il suo nome sembra derivi dai caprai che un tempo pascolavano le capre in questa zona.
Parcheggio la macchina all’inizio della via principale e comincio a camminare, la strada è dritta, lunga e in salita, realizzata nella seconda metà del Cinquecento spacca in due la cittadina, portando grandi cambiamenti all’impianto urbanistico e creando un asse prospettico cosi da mettere in risalto il grande edificio che si intravede in alto sullo sfondo. Man mano che salgo la vista è sempre più ampia, arrivata in cima mi appare in tutta la sua grandiosità e imponenza Palazzo Farnese (o Villa Farnese), uno dei più importanti palazzi rinascimentali-manieristi, fatto costruire dalla famiglia Farnese.
La facciata è imponente con i suoi 25 metri di altezza, 40 di lunghezza e scandita da tre ordini di cornicioni. Il piano nobile, in cui si trovano gli appartamenti privati del cardinale, è costituito da cinque grandi arcate chiuse da vetrate e incorniciate da lesene. Le vetrate aggiunte successivamente per proteggere gli affreschi chiudono quella che un tempo era una loggia aperta.
Per un attimo la mia memoria torna al lontano 1990 quando il palazzo venne utilizzato per girare il film La Condanna con la regia di Marco Bellocchio e la sceneggiatura dello psichiatra Massimo Fagioli, ma torniamo alla nostra storia.
Tra il 1530 e il 1546 per volere del cardinale Alessandro Farnese il vecchio ( Canino 1468 – Roma 1549 ) futuro papa Paolo III, vennero poste le basi per la costruzione di una fortezza, situata sull’altura dominante il borgo, per la difesa della famiglia minacciata dalla continua rivalità con le altre potenti casate. L’architetto designato alla realizzazione di questa grande opera fu Antonio da Sangallo il Giovane ( Firenze 1484 – Terni 1546 ) il quale progettò un edificio a pianta pentagonale che avrebbe dovuto dotarsi di 5 bastioni angolari. Ma i lavori vennero interrotti in seguito all’investitura del cardinale Alessandro come Papa Paolo III ( 1534 ) e alla morte del Sangallo.
Nel 1547 il nipote e cardinale Alessandro Farnese il Giovane (Valentano 1520 – Roma 1589 ) si rifugiò a Caprarola e decise di continuare il progetto del nonno, affidando i lavori che ripresero nel 1559 e terminarono nel 1575, all’architetto Jacopo Barozzi, detto il Vignola ( Vignola 1507 – Roma 1573 ) uno dei più importanti esponenti del manierismo.
Grazie a lui si deve l’attuale assetto dell’edificio, mantenne la pianta pentagonale originaria della fortezza, il fossato e sostituì i bastioni angolari con delle grandi terrazze affacciate sulla campagna circostante, realizzò quindi una residenza conforme alle esigenze di sfarzo e rappresentanza proprie di un palazzo rinascimentale.
La collina sottostante venne tagliata da un’ampia piazza a cui si accede da due grandiose rampe semicircolari, il palazzo risulta così isolato dal contesto cittadino, ma anche perfettamente integrato con il territorio circostante. Venne inoltre realizzata la lunga strada nel centro della cittadina ( attuale Via Filippo Nicolai ).
Arrivata in cima attraverso il ponte levatoio soprastante il fossato, il monumentale portale in peperino ed entro nel palazzo, costituito da cinque piani: i sotterranei, il piano dei prelati, il piano nobile, il piano dei cavalieri e il piano degli staffieri. Gli spazi sono organizzati secondo un ordine di simmetrie perfette e disposti in base alla loro funzione e alla gerarchia di chi li occupava. Il palazzo è diviso in due parti, gli appartamenti invernali e gli appartamenti estivi.
La sala in cui mi trovo è detta salone della guardia e fa parte del piano dei Prelati, dalle due grandi aperture situate nella parete frontale e nella parete di sinistra posso già intravedere le due grandi invenzioni architettoniche che rendono così originale Palazzo Farnese.
Oltrepasso l’apertura frontale e mi trovo nel bellissimo cortile circolare sul quale ruotano tutte le stanze del piano dei prelati e del piano nobile, gli ultimi due piani riservati alla servitù sono arretrati e restano nascosti alla vista.
Il progetto del cerchio iscritto nel pentagono venne ideato dal Sangallo e ripreso dal Vignola, rappresenta una grande novità per l’epoca. Sicuramente assume significati simbolici in quanto il cerchio rappresenta la continuità del tempo ed è forse una sorta di augurio per il mantenimento del potere del cardinale Farnese.
Il cortile è composto da due porticati sovrapposti, costituiti da arcate in corrispondenza delle porte di entrata alle sale degli appartamenti, nel piano nobile le arcate sono intervallate da balaustre per l’affaccio al cortile. Le volte a botte dei porticati vennero magnificamente affrescate da Antonio Tempesta (Firenze 1555 – Roma 1630) pittore e incisore italiano del primo periodo barocco, formatosi nella cultura del tardo manierismo. Sono raffigurati una serie di stemmi araldici, i quali indicano le famiglie di appartenenza legate alla famiglia Farnese.
Camminando verso il centro del cortile sul pavimento in pendenza, trovo un mascherone in pietra bianca che ricorda la bocca della verità, utilizzato per la raccolta dell’acqua piovana.
Lascio il cortile per entrare nel vano dove è presente l’altra grande invenzione del Vignola, la Scala Regia, detta anche “scala del cartoccio” perché sembra che il cardinale Farnese la usasse per inviare messaggi alla servitù, lanciando piccoli cartocci dall’alto in basso sfruttando la particolare struttura della scala stessa.
Qui mi torna di nuovo alla mente il film “La Condanna”, l’immagine è quella della protagonista che scende velocemente la scala per raggiungere l’uscita, cercando di scappare dall’uomo incontrato nelle sale del palazzo, mentre lei passeggiava tranquilla.
La meravigliosa scala in peperino grigio, si sviluppa dal piano seminterrato, dove gli ospiti arrivavano con le loro carrozze, fino al piano nobile. L’intero ambiente è coperto da una volta a catino affrescata da grottesche ed arabeschi, di autore ignoto, al centro della volta è posizionato l’armoriale dei Farnese, una raccolta di armi e di stemmi della famiglia.
La novità assoluta dello scalone è rappresentata dalla sua forma a chiocciola o elicoidale, in quanto le scale a chiocciola nelle residenze nobiliari sono sempre state utilizzate come spazio di servizio, mentre qui diventa spazio di rappresentanza.
La salita è scandita da doppie colonne doriche a cui corrispondono, sulle pareti frontali, altrettante semicolonne incluse in una ricca decorazione, che raggiunge elaborazioni di grande fasto, mi ritrovo circondata da stupende grottesche eseguite da Antonio Tempesta e i suoi allievi.
Qui apro una parentesi per parlare delle grottesche. E’ una particolare decorazione pittorica parietale, risalente alla pittura romana di epoca augustea, venne trovata a Roma nei resti dei sotterranei della Domus Aurea di Nerone (le cosiddette “grotte”) e fu riscoperta e resa nota a partire dal ‘400. E’ caratterizzata da forme quasi calligrafiche per la loro sottigliezza, spesso su fondo bianco o comunque monocromo, mantenendo una leggerezza particolare della decorazione. Sono raffigurate forme vegetali miste a figurette umane, animali stravaganti e scenette narrative, sono molto colorate e danno origine a cornici, effetti geometrici, intrecci ed altro.
All’interno dell’edificio si sviluppano straordinari cicli pittorici del tardo manierismo raffiguranti temi allegorici, mitologici e biblici di rimando ai fasti e le glorie della casata e dei suoi componenti più illustri. I temi degli affreschi furono ispirati dal poeta e drammaturgo Annibal Caro che servì il Cardinale Alessandro dal 1548 fino alla morte.
I protagonisti di questi meravigliosi affreschi oltre ad Antonio Tempesta sono, il Vignola, Taddeo e Federico Zuccari, Jacopo Zanguidi detto il Bertoja, Raffaellino da Reggio, Giovanni Antonio da Varese e Giovanni de Vecchi.
Esco da una delle sale degli appartamenti privati del cardinale, passo il ponte sopra il fossato e mi trovo nei giardini del palazzo. Si dividono in “giardini bassi” o “segreti” e “giardini di sopra”, furono realizzati in tempi diversi anche se derivano da uno stesso progetto a capo del quale ci fu Vignola.
Alla loro realizzazione parteciparono anche Giacomo del Duca e Giacomo Rainaldi. Esiste una stretta correlazione topografica tra giardini e palazzo. Il Vignola realizzò una sintesi tra natura ed artificio architettonico sfruttando le sorgenti collinari per l’alimentazione delle fontane. All’interno del complesso gli assi prospettici dei due giardini segreti partono a ventaglio dalle due facciate e attraverso ponti levatoi si concludono nelle fontane “dei satiri” e “della venere che sorge dal mare”. Il viale della collina retrostante il palazzo fu livellato e piantato, per godere del bosco circostante, della varietà di fiori e piante, delle architetture e dei giochi d’acqua.
Concludo questa bellissima visita a palazzo Farnese, ammirando e passeggiando tra grandiose fontane e giochi d’acqua, ninfei, casine del piacere, padiglioni, statue e cariatidi, aiuole disegnate a formare giardini all’italiana e un parco monumentale.
Qui mi torna di nuovo alla mente il film “La Condanna”, l’immagine è quella della protagonista che scende velocemente la scala per raggiungere l’uscita, cercando di scappare dall’uomo incontrato nelle sale del palazzo, mentre lei passeggiava tranquilla