A "causa" di questo editoriale, il #25Aprile, in occasione dell'anniversario della Liberazione, la direttrice di Left, Simona Maggiorelli, è stata invitata a Tg3 Linea notte - ecco il video dei suoi interventi (9 min) https://www.youtube.com/watch?v=LLGe3XD9VhY I partigiani che hanno lottato per la democrazia e la libertà, lasciandoci una splendida Costituzione, avevano in sé un’idea di uguaglianza, avevano il senso del collettivo, passione politica e civile. Avevano valori, ideali, coraggio, che si scontravano con la logica disumana e criminale dei nazifascisti che annullando la realtà umana degli ebrei, dei rom e degli oppositori politici, li sterminavano come insetti, cercando poi di cancellarne anche la memoria. Rossi e neri non sono uguali. Da una parte, pur fra mille errori, c’era la lotta per la liberazione dall’oppressione, dall’altra c’era un agghiacciante progetto di morte e di distruzione. La storia è storia. Gli antifascisti hanno liberato l’Italia dal nazifascismo. Il fascismo è un crimine. È fuorilegge. Contro questa verità si infrange il negazionismo del ministro Salvini che ama citare Mussolini e, incurante del senso delle istituzioni, mette sullo stesso piano fascisti e partigiani e annuncia di voler disertare la festa nazionale del 25 aprile. Contro i cattivi maestri che vorrebbero iniettare veleno nella mente dei più giovani, contro le fake news che hanno contribuito a costruire il mito degli italiani brava gente, contro il revisionismo che propone letture normalizzanti e auto assolutorie del fascismo proponiamo di tornare alla grande lezione dello storico e partigiano Marc Bloch, suggeriamo di rileggere i libri di Del Boca e di Focardi (Il cattivo tedesco e il bravo italiano, Laterza, 2013) ma anche di approfondire importanti pagine di storia locale antifascista guidati da Portelli, De Petra e Gori dell’Anpi. Con testimonianze dirette e documenti alla mano mostrano bene come il fascismo non sia stato affatto una parata carnevalesca, sgangherata e grottesca. Il duce non fu una macchietta fanfarona. Il fascismo fu un regime totalitario e criminale, corporativo, razzista, imperialista, misogino, ottuso, violento, sanguinario, spietato. E tale fu Mussolini, al quale Hitler si ispirò. Primo Levi diceva sempre che il cancro dei lager nazisti era nato da metastasi italiane. E allora ripetiamolo ancora: il regime fascista si rese responsabile di un genocidio in Libia. Fu il primo ad usare armi chimiche contro la popolazione civile in Etiopia. E non solo. Concepì e promulgò le leggi razziali che causarono deportazioni di massa e milioni di morti nei forni crematori. Si macchiò di assassinii feroci come quello del deputato socialista Giacomo Matteotti il 10 giugno del 1924. «Mussolini fu il maggior massacratore degli italiani della storia» scrive Francesco Filippi nella prefazione del suo incisivo Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri, 2019), libro che torniamo a consigliare, convinti che dovrebbe stare in tutte le scuole (e redazioni). «La base di un possibile futuro totalitario passa anche dalla riabilitazione del passato totalitario», avverte lo storico e presidente dell’associazione Deina che organizza viaggi di memoria e corsi di formazione. Un passaggio pericoloso in questo senso avvenne nel 1994 quando i neofascisti, con Fini, si presentarono alle elezioni come Msi-An, alleandosi con Forza Italia di Berlusconi e con la Lega Nord. Ma allo sdoganamento del neofascismo hanno concorso anche la tv invitando esponenti di Forza Nuova e CasaPound a parlare nei talk show, e scelte politiche come quella compiuta dal Pd che ha cancellato l’antifascismo dal proprio statuto. Anche di questo abbiamo parlato al Parlamento europeo durante una tavola rotonda con le europarlamentari Eleonora Forenza e Ana Miranda che, con Soraya Post, hanno promosso una risoluzione Ue per lo scioglimento e la messa al bando di tutte le formazioni neofasciste. Dopo quell’importante voto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha avuto l’ardire di affermare che «Mussolini ha fatto anche cose buone». Suscitando grande scandalo, tanto da essere costretto a ritrattare. E noi, con Francesco Filippi, torniamo a ripeterlo come un mantra: nemmeno i treni erano puntuali sotto il fascismo (tra le due guerre l’Italia aveva una rete ferroviaria del tutto inadeguata e arretrata). Contro le falsità che ancora girano in rete ricordiamo che il duce non ha creato le pensioni (la previdenza sociale nacque nel 1898 con la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Mentre la pensione sociale viene introdotta solo nel 1969). Né tanto meno ha istituito la cassa integrazione, che fu varata nell’agosto 1947. Mussolini non inventò l’indennità di malattia (fu istituita il 13 maggio 1947 e nel ’68 fu estesa a tutti i lavoratori). E ancora: Mussolini non concesse il voto alle donne, che erano ammesse alle votazioni solo per piccoli referendum locali mentre erano del tutto escluse al voto per le elezioni politiche. La prima volta che le donne furono ammesse al voto fu al referendum del 1946. Contro le bufale che producono una pericolosa falsa memoria, contro i danni della memoria corta torniamo a studiare la storia. Come diceva la partigiana Tina Costa: Studiate per la libertà. 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L'editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 19 aprile 2019

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A “causa” di questo editoriale, il #25Aprile, in occasione dell’anniversario della Liberazione, la direttrice di Left, Simona Maggiorelli, è stata invitata a Tg3 Linea notte – ecco il video dei suoi interventi (9 min)

I partigiani che hanno lottato per la democrazia e la libertà, lasciandoci una splendida Costituzione, avevano in sé un’idea di uguaglianza, avevano il senso del collettivo, passione politica e civile. Avevano valori, ideali, coraggio, che si scontravano con la logica disumana e criminale dei nazifascisti che annullando la realtà umana degli ebrei, dei rom e degli oppositori politici, li sterminavano come insetti, cercando poi di cancellarne anche la memoria. Rossi e neri non sono uguali. Da una parte, pur fra mille errori, c’era la lotta per la liberazione dall’oppressione, dall’altra c’era un agghiacciante progetto di morte e di distruzione. La storia è storia. Gli antifascisti hanno liberato l’Italia dal nazifascismo. Il fascismo è un crimine. È fuorilegge. Contro questa verità si infrange il negazionismo del ministro Salvini che ama citare Mussolini e, incurante del senso delle istituzioni, mette sullo stesso piano fascisti e partigiani e annuncia di voler disertare la festa nazionale del 25 aprile. Contro i cattivi maestri che vorrebbero iniettare veleno nella mente dei più giovani, contro le fake news che hanno contribuito a costruire il mito degli italiani brava gente, contro il revisionismo che propone letture normalizzanti e auto assolutorie del fascismo proponiamo di tornare alla grande lezione dello storico e partigiano Marc Bloch, suggeriamo di rileggere i libri di Del Boca e di Focardi (Il cattivo tedesco e il bravo italiano, Laterza, 2013) ma anche di approfondire importanti pagine di storia locale antifascista guidati da Portelli, De Petra e Gori dell’Anpi. Con testimonianze dirette e documenti alla mano mostrano bene come il fascismo non sia stato affatto una parata carnevalesca, sgangherata e grottesca.

Il duce non fu una macchietta fanfarona. Il fascismo fu un regime totalitario e criminale, corporativo, razzista, imperialista, misogino, ottuso, violento, sanguinario, spietato. E tale fu Mussolini, al quale Hitler si ispirò. Primo Levi diceva sempre che il cancro dei lager nazisti era nato da metastasi italiane. E allora ripetiamolo ancora: il regime fascista si rese responsabile di un genocidio in Libia. Fu il primo ad usare armi chimiche contro la popolazione civile in Etiopia. E non solo. Concepì e promulgò le leggi razziali che causarono deportazioni di massa e milioni di morti nei forni crematori. Si macchiò di assassinii feroci come quello del deputato socialista Giacomo Matteotti il 10 giugno del 1924. «Mussolini fu il maggior massacratore degli italiani della storia» scrive Francesco Filippi nella prefazione del suo incisivo Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (Bollati Boringhieri, 2019), libro che torniamo a consigliare, convinti che dovrebbe stare in tutte le scuole (e redazioni). «La base di un possibile futuro totalitario passa anche dalla riabilitazione del passato totalitario», avverte lo storico e presidente dell’associazione Deina che organizza viaggi di memoria e corsi di formazione. Un passaggio pericoloso in questo senso avvenne nel 1994 quando i neofascisti, con Fini, si presentarono alle elezioni come Msi-An, alleandosi con Forza Italia di Berlusconi e con la Lega Nord. Ma allo sdoganamento del neofascismo hanno concorso anche la tv invitando esponenti di Forza Nuova e CasaPound a parlare nei talk show, e scelte politiche come quella compiuta dal Pd che ha cancellato l’antifascismo dal proprio statuto.

Anche di questo abbiamo parlato al Parlamento europeo durante una tavola rotonda con le europarlamentari Eleonora Forenza e Ana Miranda che, con Soraya Post, hanno promosso una risoluzione Ue per lo scioglimento e la messa al bando di tutte le formazioni neofasciste. Dopo quell’importante voto il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha avuto l’ardire di affermare che «Mussolini ha fatto anche cose buone». Suscitando grande scandalo, tanto da essere costretto a ritrattare. E noi, con Francesco Filippi, torniamo a ripeterlo come un mantra: nemmeno i treni erano puntuali sotto il fascismo (tra le due guerre l’Italia aveva una rete ferroviaria del tutto inadeguata e arretrata). Contro le falsità che ancora girano in rete ricordiamo che il duce non ha creato le pensioni (la previdenza sociale nacque nel 1898 con la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Mentre la pensione sociale viene introdotta solo nel 1969). Né tanto meno ha istituito la cassa integrazione, che fu varata nell’agosto 1947. Mussolini non inventò l’indennità di malattia (fu istituita il 13 maggio 1947 e nel ’68 fu estesa a tutti i lavoratori). E ancora: Mussolini non concesse il voto alle donne, che erano ammesse alle votazioni solo per piccoli referendum locali mentre erano del tutto escluse al voto per le elezioni politiche. La prima volta che le donne furono ammesse al voto fu al referendum del 1946. Contro le bufale che producono una pericolosa falsa memoria, contro i danni della memoria corta torniamo a studiare la storia. Come diceva la partigiana Tina Costa: Studiate per la libertà.

L’editoriale di Simona Maggiorelli è tratto da Left in edicola dal 19 aprile 2019


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