«Per favore, compagne, sorelle, andate a votare il 28 aprile. Mai i risultati di una elezione hanno minacciato i nostri diritti e le nostre libertà in questa maniera. Non restiamo in casa. Andiamo a bloccare l’ultra destra». #28ALasFeministasVotamos, le femministe votiamo è l’hashtag con cui le femministe lanciano la propria campagna, come elettrici, per le elezioni politiche del prossimo 28 aprile in Spagna.
I corpi, la sessualità, i diritti sessuali e riproduttivi delle donne continuano ad essere al centro della scena politica spagnola, anche negli ultimi giorni prima delle elezioni generali, a un mese di distanza da quelle europee e da quelle municipali e delle regioni autonome. Appuntamenti importanti a causa della «tensione politica, del progresso dei fondamentalismi e del rischio di una regressione dei diritti raggiunti», come spiega il manifesto firmato finora da oltre 150 organizzazioni e collettivi femministi e presentato la scorsa settimana ai principali partiti politici.
Il suo obiettivo è che si tenga conto delle richieste del movimento femminista prima delle elezioni. All’incontro a Madrid c’erano il Psoe, Podemos e Ciudadanos. Il Partito Popolare non si è neanche presentato.
Quello delle femministe è un documento scaturito da un ampio dibattito e da un consenso negoziato, diviso in 10 punti tematici con più di 80 iniziative proposte, va oltre le semplici rivendicazioni nella lotta contro la discriminazione e la violenza maschile contro le donne, ma propone moltissime misure su economia, salute, istruzione, assistenza, sessualità, consumo, immigrazione e laicità dello Stato, trasformando il documento in un vero programma elettorale femminista. Le proposte possono sembrare puntuali, isolate, dirette solo alle donne, ma se si uniscono tra loro, si scopre che la vera richiesta è quella di modificare il sistema di produzione e consumo, il sistema giudiziario, quello dell’istruzione e della sanità. Oltre il lavoro produttivo, che sfrutta e discrimina soprattutto le donne, bisogna ripensare il lavoro riproduttivo e di cura. Occorre riconsiderare tutto ciò che riguarda l’abitabilità, tornando alla funzione sociale e non speculativa della casa.
In materia di violenza di genere, ci sono richieste specifiche come l’applicazione della Convenzione di Istanbul e il riconoscimento giuridico di tutte le vittime di violenza domestica, non solo quelle del partner o ex partner come è adesso; la revisione delle leggi sull’immigrazione e la violenza di genere per sradicare di fatto la discriminazione contro le donne immigrate, tra le altre. Richieste per il rifugio, la cittadinanza e la chiusura dei Cie.
C’è la denuncia contro la violenza economica, con la richiesta di abrogazione delle ultime due riforme del lavoro e la definizione di un modello di politica economica che abbia tra le priorità «la piena occupazione, dignitosa e equamente distribuita tra uomini e donne».
Ci sono sei proposte che costituiscono il tema della cura, basato sulla copertura dell’istruzione dei bambini da 0 a 3 anni e l’attenzione alle persone dipendenti per disabilità, o malattia, o vecchiaia. Un tema riguarda i meccanismi istituzionali per un’efficace uguaglianza tra donne e uomini, come la reintroduzione del ministero per l’uguaglianza e la definizione della Spagna come stato laico. Vengono anche affrontate misure più divisive
sullo sfruttamento sessuale di donne e ragazze e c’è la richiesta di una legge integrale, sul modello di quella svedese, che include l’abolizione della prostituzione.
Le femministe sanno che è il momento di esigere, che, dopo aver ascoltato per strada le loro richieste, è il momento di renderle efficaci, ora non valgono più le parole vuote o le promesse non mantenute.
Le donne spagnole sono consapevoli della forza del femminismo che, mobilitata, ha la capacità, ora, di invertire qualsiasi forza regressiva che comporti un passo indietro. Ma sono anche consapevoli di poter cambiare il significato del voto.