Motori di ricerca e social network fatturano miliardi vendendo sia pubblicità tarate sui gusti degli utenti, sia i dati personali così raccolti a chi li vuole utilizzare. Un gigantesco mercato in cui ciascuno cerca di accaparrare quante più informazioni possibile senza farsi troppi problemi su come le ottiene

Quando ho incontrato Bill Simmons a Roma nel 2015, di Intelligenza artificiale (Ai) si parlava ancora poco. Bill era a Roma per promuovere la sua azienda, nata dall’iniziativa di un gruppo di scienziati che con lui avevano lavorato per pianificare le missioni della Nasa su Marte. L’algoritmo che avevano messo a punto per l’agenzia aerospaziale si occupava di effettuare le correzioni di rotta in tempo reale dei missili diretti sul pianeta rosso. In seguito hanno deciso di utilizzarlo per altro. «Internet fornisce moltissime informazioni che possono essere applicate al marketing. La quantità di dati che abbiamo a disposizione, però, è tale che i normali sistemi non sono in grado di sfruttarne a fondo le potenzialità. Per questo abbiamo pensato di applicare al marketing le tecniche che abbiamo sviluppato per le missioni Nasa su Marte» mi ha spiegato.

Ma di quali informazioni stiamo parlando esattamente? Attraverso l’analisi dei nostri comportamenti su Internet, allora come oggi, chiunque abbia accesso a determinate informazioni può sapere praticamente tutto di noi. Dove viviamo, che cosa ci interessa, chi conosciamo e frequentiamo, dove viaggiamo e, naturalmente, cosa acquistiamo. Tutti dati che forniamo in maniera esplicita ma anche meno immediata. Per esempio quando pubblichiamo una fotografia che, al suo interno, contiene i dati di geolocalizzazione.

I sistemi dell’azienda di Simmons sfruttavano proprio queste informazioni ed erano già allora in grado di processare 2 petabyte di dati (2.147.483.648 megabyte) al giorno, prendendo 1,5 milioni di decisioni al secondo per garantire il miglior collocamento delle pubblicità sul web, combinando le preferenze e i comportamenti dei singoli consumatori con altre informazioni. Nel caso dei servizi di consegna della pizza a domicilio, per esempio, il sistema valutava anche i fattori che potevano rendere più appetibile la pubblicità: se c’erano eventi sportivi in programmazione in Tv, quale fosse il clima in quel momento nella città del potenziale consumatore e quale l’orario più adatto per visualizzare la pubblicità.

Di più: il sistema era in grado di valutare i risultati delle sue azioni e correggerle, migliorando nel tempo la sua capacità di scegliere la pubblicità giusta per ogni singolo visitatore di un sito. Le parole di Simmons, allora, mi avevano aperto a un mondo di cui pochi avevano capito realmente dimensioni e orizzonti, ma soprattutto av…

 

L’articolo di Marco Schiaffino prosegue su Left in edicola dal 26 aprile 2019


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