VOCE 1: Ho tre figli. Perché siamo una famiglia larga, come si dice, anche se quando ci prende la paura ci viene da stare stretti. Si chiamano Tommaso, Leonardo, Martino fra dieci anni voteranno, più o meno. Mi sono sempre convinto che la ‘responsabilità’, dico per un padre, se avesse un forma la responsabilità per un padre verso i suoi figli, la responsabilità sarebbe a forma della domanda “e tu cosa hai fatto?”. E non so mica rispondere, ora come ora, sul cosa ho fatto. Ogni tanto mi terrorizza l’idea di dovergli spiegare che mentre tornavo alla sera, a casa, durante il giorno non ero riuscito a scrivere abbastanza forte la disuguaglianza di un mondo dove più del merito conti la geografia, la disuguaglianza di un Paese che s’è messo in testa di punire i fragili, perché non rallentino i potenti e i prepotenti, che spesso sono le stesse persone. Non riesco mica a trovare le parole per dirgli, sul cosa ho fatto io, che il buonsenso a volte nella storia diventa fuorimoda ed è un fardello che costa, a portarselo in giro. Chissà come gli racconto che anche essere buoni, è stato considerato un vizio.
VOCE 2: Nina è mia figlia. Ha cinque anni. Scrive lettere strane, di cui non sempre capisce il significato, e parla molto, ma penso che non abbia preso dal papà. Ora, l’esperimento che vi propongo per i prossimi tempi è il seguente. Immaginate il futuro dei vostri figli. Quando saranno maggiorenni. Per me è facile. Sarà il 2030. Quando saranno grandi, quando potranno votare, quando potranno candidarsi, che quando l’ho detto il giorno dopo De Luca ha candidato suo figlio, per dire che bisogna stare attenti. Nel 2030 si saprà se qualcuno avrà fatto qualcosa per i cambiamenti climatici, altrimenti Nina avrà forse freddo in Europa, mentre molti bambini con i loro genitori scapperanno dalle zone desertificate. E cercheranno riparo da Nina. E a loro, invece della macchina, regaleremo una scialuppa. Nel 2030 si saprà se avremo fatto qualcosa per chi è più povero, altrimenti Nina andrà a scuola e all’università, mentre altre e altri, brave e bravi come lei e più di lei, non potranno permetterselo. Nel 2030 si saprà se una donna sarà ancora più libera, da tutti gli integralismi, dai fanatismi che sono un po’ da tutte le parti, dal machismo e dai maschi che ancora spiegano alle donne come devono comportarsi. Vestirsi. Vivere. E le pagano meno dei maschi. E lasciano loro la cura familiare. Delle nine e degli anziani.
VOCE 1: Chissà come mi guarderanno, da grandi, quando gli dirò che ho provato a occuparmi degli sconfitti, che mi appassionano infinitamente di più i fragili piuttosto che quelli che sono disposti a camminare sulla propria etica pur di riuscire a competere. Nel 2030 chissà come mi guarderanno mentre gli racconto che siamo andati in giro per teatri, tra panchine di cartone, quinte e le valigie stropicciate, le valigie da tournée, a raccontare la speranza di essere tutti uguali. Chissà come mi guarderanno. Che magari, lo spero, mi diranno “ma davvero?” con la faccia di chi non riesce nemmeno a immaginare abbia sbandato così in basso. Chissà se non ci accuseranno di essere stati deboli, indifferenti o peggio codardi a non urlare il nostro sdegno. Chissà se riusciremo a convincerli che ci abbiamo provato dappertutto, in tutti i modi, a raccontare che l’alternativa non solo c’è ma è anche possibile. Anche per teatri, siamo andati.
VOCE 2: Nina vivrà con un sacco di amici che vengono da tutte le parti del mondo. Altri saranno nati in Italia: chissà se allora saranno considerati italiani o se si perderanno altre legislature, come questa. Nina avrà molta tecnologia a disposizione, del resto già usa Lopad – come lo chiama – molto meglio di me. Quella tecnologia renderà la vita più semplice, ma sarà accessibile a tutti? E se sostituirà il lavoro degli umani, ci sarà lavoro per Nina e per i suoi amici? E se si ridurrà il lavoro, come la metteranno Nina e i suoi compagni con il reddito? E avremo consumato altro suolo? E avremo fatto tesoro del risparmio e dell’efficienza energetici? Ecco, personalmente alle elezioni candido Nina. E spero che voi facciate lo stesso con i vostri piccoli. Che non possono votare. Ma sono gli elettori più importanti. Gli unici elettori che contano davvero.
Tratto dallo spettacolo “Sono tutti uguali” di Giulio Cavalli e Giuseppe Civati
Buon venerdì.