Gli effetti collaterali della riforma Franceschini

Quando si fa riferimento alla riforma che il ministro Dario Franceschini volle per il ministero dei Beni culturali che giusto ancora un paio di anni fa dirigeva, non sono coinvolti concetti astratti nel senso di lontani dalla vita di ogni cittadino. Al contrario perché, infatti, attraverso tali concetti ci addentriamo in quel sistema di valori, anche e soprattutto costituzionali (l’art. 9 per esempio), che toccano intimamente la vita quotidiana di ognuno di noi. Nella strenua difesa della sua riforma è rimasto epocale un confronto televisivo su La7 fra Franceschini e il professor Tomaso Montanari. In quel contesto, l’allora ministro sottolineò con enfasi, a dire il vero un po’ timorosa, che la riduzione delle soprintendenze, da tre ad una sola, era stata voluta proprio per snellire la pesantezza burocratica insistente fra Stato e cittadino. Quel ministro, però, mai avrebbe immaginato che un colpo di grazia proprio alla sua riforma sarebbe arrivato da una soprintendenza periferica, ma non per questo meno importante, come quella cui spetta la tutela del patrimonio culturale delle province di Lecce, Brindisi e Taranto.

Il 30 aprile scorso è stata diramata una nota – a firma della soprintendente, architetto Maria Piccarreta – indirizzata a tutti i comuni afferenti al territorio controllato dal locale ufficio ministeriale, nella quale si segnala che, dallo scorso 6 maggio, non sarebbero state accettate dalla soprintendenza più di tre pratiche al giorno (per comune). Il provvedimento inusuale, inconsueto, addirittura per certi versi mai visto (così lo hanno definito alcuni), ha colto di sorpresa tanti per non dire tutti: dai professionisti ai tecnici comunali fino a chi, soprattutto, si occupa di tutela. A questo proposito un dirigente ministeriale ha spiegato in termini molto generali che ricaduta abbia sui cittadini un provvedimento del genere:

«Le autorizzazioni paesaggistiche sono rilasciate dai comuni. Questi, cui spetta la sub-delega da parte della Regione, hanno l’obbligo di trasmettere le pratiche istruite alla soprintendenza perché questo ufficio ha ancora il potere di dare un parere che è vincolante. Solo se la risposta dell’ufficio periferico del Mibac è favorevole, con o senza prescrizioni, il comune può rilasciare le autorizzazioni paesaggistiche. Queste ultime sono legate a una tempistica fissata dalla legge per cui il cittadino è tutelato perché da quando questi consegna la pratica all’amministrazione comunale trascorrono un certo numero di giorni e cioè a dire: c’è un tempo per espletare la pratica. Se la soprintendenza fissa di accettarne non più di tre al giorno va a finire che le pratiche si accumulano presso il comune. Non è possibile bloccare il protocollo e al comune non si può impedire la trasmissione perché tale ufficio deve rispettare la tempistica. L’amministrazione comunale, poi, quali criteri adotterà per scegliere le tre pratiche al giorno da inviare? Nella nota della soprintendenza, molto secca e senza giusta causa, non c’è una premessa, non si specificano né motivazioni né la durata temporale di questo impedimento. Il problema non è per l’ufficio comunale ma ricade sul cittadino, e va a danno di tutta un’economia che ruota attorno alle attività che si devono svolgere all’interno di aree vincolate».

Quali siano, quindi, i criteri di selezione (Sorteggio? L’orario d’arrivo? O altrimenti: quale altra invenzione è nella mente di Giove?) non è dato sapere. Inutile ricordare che un provvedimento come quello adottato dalla soprintendenza di Lecce potrebbe generare addirittura distorsioni, ben peggiori di quelle accennate qui, nel rapporto fra cittadini e amministrazioni pubbliche. Una cosa è certa: siamo davanti all’ennesimo fallimento della riforma nel suo complesso perché essa proprio questi problemi avrebbe dovuto risolvere ed evitare. E non solo. Se davvero, poi, ci fossero cosi tante difficoltà nella gestione della soprintendenza leccese, il ministro Bonisoli e i suoi uffici dovrebbero essere avvisati (nella nota non vi è alcun riferimento agli organi centrali ministeriali) il che significa che questa vicenda ha uno sviluppo problematico anche interno agli uffici. Una sorpresa negativa, pertanto, un più che probabile disservizio per i cittadini, un ulteriore rischio per la tutela del patrimonio. Di emergenze ne abbiamo viste tante ma mai così serie e preoccupanti. Auspicabile, quindi, un rapido intervento del ministro Bonisoli perché, sull’onda di una celebre vicenda verrebbe da commentare, a Houston, anzi no, in tutta Italia a cominciare da Lecce, hanno forse un problema. Se solo il provvedimento ideato dalla soprintendente Piccarreta fosse adottato, infatti, anche da altri uffici, tutto ciò diventerebbe indicativo del fatto che l’amministrazione del ministero sarebbe davvero al tracollo o forse lo è già.