Oltre a una visione economica diversa da quella neoliberista e sovranista, si deve lavorare per un nuovo modo di vivere i rapporti sociali. Perseguendo un’idea di benessere collettivo che unisca quello materiale, la difesa dell’ambiente e l’arricchimento culturale

Grazie ai recenti sviluppi tecnologici, i settori più dinamici dell’economia utilizzano una risorsa particolare, l’informazione, che ha caratteristiche diverse da quelle su cui si basavano le fasi di sviluppo del passato. Se un comune bene di consumo, infatti, può essere scarso e dunque è a disposizione di un individuo o di un altro, l’informazione, all’opposto, proprio per sua natura, è sfruttabile nella misura in cui circola liberamente ed è condivisa tra più persone. Questo genera due conseguenze di rilievo: anzitutto le sue potenzialità non possono pienamente svilupparsi all’interno dei mercati, i quali invece funzionano quando l’oggetto scambiato è per usi individuali e pertanto chi non lo possiede deve essere escluso dal suo godimento; in secondo luogo, proprio per questo, uno dei principali terreni di conflitto tra interessi privati e pubblici verte sulle modalità di utilizzo delle tecnologie dell’informazione e dell’immensa quantità di dati e conoscenze che circolano per la rete: da un lato pochi grandi colossi cercano di usarle per il profitto privato, dall’altro forze sociali diffuse tentano di favorire l’uso di queste tecnologia per il benessere di tutti.
Oltre questo conflitto, è oggi in questione l’affermazione o la sconfitta di un modello di società. L’idea liberista basata sulla centralità del mercato, proposta in alcune teorie economiche di fine Ottocento, non solo poggia sulla centralità della produzione e dello scambio di beni materiali, ma fa riferimento ad un modello sociale che ha le sue radici nel razionalismo illuminista del Settecento. Voltaire, ad esempio, vedeva nella borsa di Londra la possibilità che persone con cultura, religione e nazionalità diverse potessero superare le loro contrapposizioni, facendo affari piuttosto che la guerra. Peccato però che l’espansione della borsa di Londra, la quale nel corso del diciottesimo secolo crebbe del 400%, avesse alla base quel turpe commercio degli schiavi che proprio nel secolo dei lumi registrò la sua massima espansione. Voltaire peraltro (così come Locke, l’altro campione della tolleranza) investiva lui stesso i propri risparmi nel commercio degli schiavi.
Dopo la crisi del ’29 e i disastri della guerra, le teorie liberali sono state superate e il modello di gestione dell’economia che si è affermato in Occidente fu invece ispirato alle idee di Keynes. Esso si reggeva su un “patto sociale” tra Stato, capitalisti e organizzazioni dei lavoratori finalizzato alla crescita economica e alla diffusione del benessere anche verso fasce di popolazione che fino ad allora ne erano rimaste escluse. Gr…

Andrea Ventura, economista, autore de “Il flagello del neoliberismo. Alla ricerca di una nuova socialità”, l’Asino d’oro edizioni, è candidato per la Sinistra alle elezioni europee – Centro Italia

L’articolo di Andrea Ventura prosegue su Left in edicola dal 24 maggio 2019


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