La Russia ha stretto “relazioni pericolose” con un fronte che va dal Rassemblement national di Marine Le Pen, a Salvini, all’AfD tedesco. Con l’obiettivo di far rimuovere le sanzioni anti Mosca e al tempo stesso per indebolire l’Unione europea

Il 9 maggio in tutte le città della Russia milioni di persone sono scese in piazza come ogni anno per ricordare, con le vecchie bandiere sovietiche in mano, la resistenza e la vittoria contro la peste bruna del nazismo. Molte di loro non sanno però che il loro governo ha relazioni consolidate da anni con partiti dell’estrema destra europea che rivendicano il fascismo e sono alfieri del revisionismo storico sui campi di concentramento. Come nel caso dei partiti raggruppati intorno alla Lega di Matteo Salvini per le prossime elezioni europee nella coalizione denominata Alleanza europea dei popoli e delle nazioni o Europa del buonsenso. Anche se ad osservarli appena un po’ da vicino questi partiti, di buonsenso, ne hanno davvero pochino. Si tratta del Front national di Marine Le Pen, ora ridenominatosi Rassemblement national, che punta a diventare il 26 maggio il partito più votato in Francia o il Partito della libertà austriaco di Norbert Hofer al governo di Vienna (anche se dopo le dimissioni del vice cancelliere Heinz-Christian Strache, la crisi è aperta) o ancora il Partito per la libertà olandese: tutte formazioni che si distinguono per «la difesa dell’identità europea», la chiusura «nei confronti dell’immigrazione incontrollata», «la minaccia dell’Islam politico», del «multiculturalismo», dell’«omosessualità dilagante». Insomma la paccottiglia propagandistica dietro cui si nasconde ultranazionalismo, razzismo e autoritarismo.

Partiti reazionari a cui ora si sono aggiunti nuovi compagni di viaggio. In primo luogo Alternativa per la Germania (AfD), il primo partito di opposizione nel Bundestag. Durante la campagna elettorale del 2017, uno dei suoi leader, Alexander Gauland, in un comizio ha affermato che «per nessun altro Paese è stato costruito un passato menzognero come è successo ai tedeschi». Gauland ha chiesto anche che «il passato debba essere restituito al popolo tedesco, e ai tedeschi venga restituita la possibilità di essere orgogliosi delle realizzazioni dei nostri soldati in entrambe le guerre mondiali». Questo partito neofascista tedesco non ha mai nascosto, come la Lega di Matteo Salvini, le sue simpatie per il capo del Cremlino. In una inchiesta del Dossier center di Londra è stato svelato il sostegno del governo russo al deputato tedesco Markus Frohnmaier di Alternativa per la Germania durante la campagna elettorale delle ultime legislative. Dossier center ha reso pubblica, tra l’altro, una mail del 2017 redatta da Pyotr Premyak, un ex agente dei servizi segreti russi a Sergei Sokolov, un alto funzionario dell’amministrazione Putin, in cui si chiedeva «un sostegno nella campagna elettorale» per Markus Frohnmaier, affermando che si trattava di «un candidato al Bundestag da noi completamente controllato che dovrebbe essere eletto». Il deputato si sarebbe impegnato da parte sua per la rimozione delle sanzioni europee contro la Russia e avrebbe visitato la Crimea e il Donbass ucraino. Le “relazioni pericolose” tra Russia Unita, il partito del presidente russo e Alternativa per la Germania, sono noti anche alla Linke, il partito della sinistra tedesco. Alla Fondazione Rosa Luxemburg di Mosca si è venuti a conoscenza del progetto della formazione dell’ultra destra tedesca di aprire un proprio think-thank, per il prossimo futuro, proprio nella Capitale russa.

La volontà di costruire «nuovi rapporti con la Federazione Russa» non è mai stata nascosta neppure dalla Lega che ha posto questo obiettivo persino nel programma di governo. Tuttavia il gabinetto di Giuseppe Conte finora si è ben guardato dal fare qualsiasi mossa in questa direzione per non incrinare i già difficili rapporti dell’Italia con Bruxelles. «Un nuovo modus vivendi con la Russia sarà possibile dopo che le nostre formazioni del “buonsenso” saranno maggiormente rappresentate nel nuovo Europarlamento» ha sostenuto Salvini a inizio campagna elettorale. Pur dichiarandosi fedele alleato degli Usa e della Nato, da quando Salvini è diventato capo incontrastato della Lega, la sua ragnatela politica lo ha portato fino a Mosca. Dal 2017 sono stati stretti rapporti ufficiali tra Russia Unita e il suo partito, ma la carta più importante giocata dal leader padano è stata quella di facilitatore e intermediario nei rapporti commerciali tra le regioni settentrionali del nostro Paese con la Federazione. L’interfaccia ufficiale è rappresentata dalla Associazione Russia-Lombardia di Gianluca Savoini ma il ruolo di pivot nei rapporto con Mosca è giocato dal segretario della Lega in Lombardia Giacomo Stucchi e soprattutto da Attilio Fontana presidente della Regione Lombardia, recentemente indagato per abuso d’ufficio. Fontana da sindaco di Varese aveva sostenuto iniziative degli antiabortisti di ProVita come il convegno “Famiglia, tradizione, identità – La sfida russa al mondialismo” e la penetrazione nel mercato russo di molte aziende lombarde del settore tessile e calzaturiero. Tra i più attivi sostenitori leghisti della causa filo-russa c’è poi anche l’eurodeputata veneta Mara Bizzotto, in pole-position per essere rieletta a Bruxelles nelle liste del Carroccio.

Secondo il giornale ucraino Strana l’esito delle elezioni europee condurrà ad un accrescimento del ruolo del Cremlino in Europa, ed eventualmente alla revisione delle sanzioni anti-russe e un indebolimento della lobby filo-ucraina. L’analista Konstantin Bondarenko è convinto che il voto del 26 maggio segnerà uno spostamento degli equilibri interni europei. «Nell’attuale Parlamento europeo, l’estrema destra ha 37 seggi su 751 ma nella prossima legislatura, secondo i sondaggi, i partiti dell’alleanza prenderanno almeno 62 seggi e forse anche di più». Al successo dell’estrema destra contribuirebbero non solo AfD, ma anche il Partito popolare danese e il Partito dei finlandesi. Ilya Kusa, esperta di affari internazionali presso l’Ukrainian institute for the future conferma le voci di un’ipotesi strategica eurosovranista che condurrebbe oltreoceano. «Salvini sta portando avanti trattative con tutti, assistito da adepti delle forze di destra degli Stati Uniti guidate dall’ex stratega di Donald Trump, Stephen Bannon. Per tutti costoro le elezioni europee sarebbero la prova generale per costruire un’Europa basata sulle coordinate dei valori tradizionalisti e ultraconservatori».

Un’operazione non priva di ostacoli e difficoltà. Salvini ha mostrato solo qualche giorno fa grande ammirazione per le barriere con tanto di filo spinato costruite da Viktor Orbán ai confini dell’Ungheria contro l’immigrazione e avrebbe voluto coinvolgerlo nel suo raggruppamento europeo anche perché il leader magiaro è uno dei migliori alleati di Mosca da quando Putin gli fornisce gas a prezzi da discount. L’Ungheria sarebbe un pezzo fondamentale del puzzle per costruire “l’internazionale sovranista” baluginata dal vice premier italiano visto che Orbán, secondo gli ultimi i sondaggi, raccoglierebbe nelle urne ben il 50 per cento dei voti dei suoi concittadini. Tuttavia, proprio nell’incontro in Ungheria, Orbán avrebbe messo in chiaro di essere pronto ad abbandonare il Partito popolare europeo da cui ormai lo divide quasi tutto a favore di un gruppo con la Lega solo se questa romperà con l’estrema destra austriaca e con Marine Le Pen: al momento una “mission impossible” per il seppur super spregiudicato Matteo Salvini. A cui si deve aggiungere le perplessità di Diritto e giustizia, il partito clericale euroscettico fondato da Jarosław Kaczyński al governo in Polonia, a rompere con i popolari europei per avvicinarsi a Putin, da cui lo separa una storica inimicizia.

La scelta filo-russa della Lega che dall’opposizione gli ha fruttato consensi e aiuti, rischia quindi di trasformarsi in un boomerang per le ambizioni continentali del suo leader. Anche perché se Salvini non saprà presentare a Mosca qualche risultato in termini di allentamento delle sanzioni e dell’isolamento politico, potrebbe diventare un ostacolo al dialogo di Putin con l’asse franco-tedesco di Merkel e Macron.

 

L’articolo di Yurii Colombo è tratto da Left del 24 maggio 2019


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