Volete un sintomo per toccare con mano il mondo del lavoro giovanile in Italia? Vi bastava mettere la testa fuori e osservare la coda alla Fiera di Roma, dove 54.000 persone (cinquantaquattromila persone, uno stadio di calcio) sono state per ore in coda per il concorso per diventare navigator, la figura pubblica individuata dal ministro del Lavoro Luigi di Maio per seguire e far trovare lavoro a chi incassa il reddito di cittadinanza. Cinquantaquattromila persone che formavano un serpentone lunghissimo sotto il sole cocente che è il sentiero (senza sbocco) di un’Italia in cui anche un contratto di due anni (questo è il tempo in cui i prescelti lavoreranno in Anpal Servizi, la società in house al ministero del Lavoro che si occupa del reddito di cittadinanza) è una speranza che vale la pena inseguire.
54.000 persone per 2.980 posti. E siccome sono tutti laureati e sanno bene far di conto sanno bene che le speranze sono ridotte al lumicino, tutti pronti a mettere 100 crocette in 100 minuti su cui si giocano almeno un biennio di respiro, di reddito e di normalità che dovrebbe essere sancita dall’articolo 1 della Costituzione.
E badate bene: questi 54.000 sono quelli che hanno superato la preselezione. Sì, erano molti di più, 79.000, per la precisione. Questi sono quelli che hanno ottenuto il diritto di provarci. E sono arrivati da tutta Italia con la loro valigia, come fecero i loro genitori, ma con molte speranze in meno. L’età media è di 30 anni e per molti di loro un contratto biennale è una chimera che solitamente non si possono nemmeno permettere di sognare, sempre precari appesi al filo di una vita che si vive un mese alla volta senza sapere come sarà il prossimo, con l’impossibilità di costruirsi un futuro e di poter programmare la propria vita, le proprie speranze e, perché no, perfino una famiglia a forma di famiglia.
E forse sarebbe valsa la pena provare a scendere lì con loro a toccarla, la disillusione che si portano addosso. Convinti che non ci sia alternativa, che ormai sia così, e che non esista il diritto di aspettarsi di meglio.
Come scrisse il filosofo scozzese Thomas Carlyle: «Un uomo che vuol lavorare e non trova lavoro è forse lo spettacolo più triste che l’ineguaglianza della fortuna possa offrire sulla Terra».
Buon mercoledì.