La vivacità del movimento internazionale dei lavoratori e il suo idealismo fondato sulla uguaglianza possono evitare la catastrofe economica e sociale. È quanto sostiene il presidente-poeta irlandese, Michael D. Higgins, che in questo articolo esclusivo per Left - tradotto da Enrico Terrinoni - analizza gli obiettivi del sindacalismo nel suo Paese ed in Europa

In Irlanda, il 1913 fu un anno cruciale per il plasmarsi di una rappresentazione collettiva delle classi lavoratrici. Più di 20mila lavoratori a Dublino subirono una serrata generale oppure decisero di scioperare. Il movimento dei lavoratori ha saputo trarre forza e coraggio dall’esemplare eroismo di quelle persone; ma anche da personalità più vicine a noi come Mary Manning, la commessa della catena di supermercati irlandesi Dunnes Stores che nel 1983 si rifiutò di vendere frutta proveniente dal Sud Africa in segno di protesta contro il regime dell’apartheid. Tuttavia, la forza maggiore il movimento continua a trarla dalla collettività, ossia dalle centinaia di migliaia di persone capaci di mostrare solidarietà sul posto di lavoro nei confronti di altri cittadini come loro e di tutte le popolazioni del mondo.

In Irlanda soltanto un lavoratore su quattro oggigiorno è iscritto a un sindacato, e di questi, più della metà provengono dal settore pubblico. Nel 1980 quasi due terzi dei lavoratori irlandesi erano sindacalizzati. Ma abbiamo segni incoraggianti di un’inversione di tendenza.

Il movimento sindacale, dobbiamo ricordarcelo sempre, nasce da una orgogliosa e importante tradizione su cui hanno potuto fare affidamento, rispettivamente, i movimenti per i diritti civili, quelli che hanno combattuto contro l’apartheid e quanti hanno perseguito una società basata sull’uguaglianza.

La fede eccessiva nelle ortodossie economiche di oggi, lo spazio ridotto destinato ai nuovi saperi, e un’aderenza a quella che oramai si è rivelata essere una competenza fasulla, hanno giocato un ruolo chiave nell’agevolare, ma anche nel contrastare, una catastrofe economica e sociale configuratasi come una vera e propria Grande Recessione, recessione che ha colpito la nostra nazione assieme ad altre. Oggi, nuove circostanze richiedono un…

 

* Michael D. Higgins, presidente d’Irlanda, è anche poeta e saggista. Proviene da una famiglia di umile estrazione che ha attraversato vicende tormentate; questo anche a causa delle posizioni politiche del padre che combatté nella guerra di indipendenza contro il Regno Unito (1919-1921), e poi lottò nelle file dei repubblicani durante la guerra civile irlandese (1921-1923). Nella sua carriera accademica ha insegnato nel Dipartimento di Sociologia e scienze politiche dell’Università di Galway ed è stato Visiting professor alla Southern Illinois University. Esponente di spicco del Labour party, sindaco di Galway in due occasioni (nei bienni 1982-83 e 1990-91), nel 1993 è stato nominato ministro della Cultura, e nel 2003 eletto presidente del Labour party. Nel 2011 è stato eletto presidente d’Irlanda per la prima volta, e nel 2018 ha iniziato il suo secondo settennato con un vastissimo consenso. Le opere di Higgins tradotte in italiano sono “Il tradimento e altre poesie” (Del Vecchio Editore, 2014, a cura di Enrico Terrinoni, con prefazione di Giulio Giorello), e “Donne e uomini d’Irlanda. Discorsi sulla rivoluzione” (Aguaplano Edizioni, 2018, a cura di Enrico Terrinoni, postfazione di Salvatore Cingari). La traduzione di questo articolo è stata curata da Enrico Terrinoni

L’articolo di Michael D. Higgins prosegue su Left in edicola dal 19 luglio 2019


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