Un trionfo annunciato quello di Boris Johnson, nuovo leader dei Tory e da oggi premier britannico, a cui ha contribuito anche il suo stile comunicativo poco ortodosso che ne ha fatto una "figura eccessiva" a detta di molti, grazie alle gaffe, alle battute pesanti e al disprezzo totale per il politicamente corretto. Il neoeletto numero uno dei Tory ha ricevuto questo pomeriggio l'incarico di premier britannico dalla regina, e preso possesso della residenza al numero 10 di Downing Street. Ora si attendono le nomine del futuro team che affiancherà il primo ministro, dopo il passaggio di consegne da Theresa May, premier uscente, che oggi ha affrontato l'ultimo Question time ai Comuni e ha rassegnato le dimissioni nelle mani della regina a Buckingham Palace. «Attuare la Brexit, unire il Paese, sconfiggere Jeremy Corbyn». Sono questi gli obiettivi indicati da Johnson nel discorso della vittoria dopo la sua elezione al ballottaggio con Jeremy Hunt. Johnson ha ribadito di voler portare a termine l'uscita del Regno Unito dall'Ue entro «il 31 ottobre», ha parlato della necessità di «ridare energia» al Paese e al partito, di essere positivi, e ha assicurato di non aver paura «della sfida». Ha poi invitato «in questo momento cruciale nella storia» del Paese e del partito, a «riconciliare» due aspetti che finora sono apparsi inconciliabili: «L'amicizia con gli alleati europei» e «il contemporaneo desiderio di un governo democratico autonomo in questo Paese». Johnson - 55 anni, paladino della Brexit, ex ministro degli Esteri e già sindaco di Londra - ha stravinto la sfida col suo successore al Foreign office, il 52enne Jeremy Hunt, ministro degli Esteri ottenendo 92.153 voti (il 66%) contro i 46.656 di Hunt, nel ballottaggio affidato ai 160mila iscritti del Partito conservatore britannico. L'affluenza è stata dell'87,4%, mentre le schede respinte sono state 509. Secondo il sistema britannico, non è previsto un voto di fiducia, salvo che a chiederlo sia il leader dell'opposizione, in questo momento il laburista Jeremy Corbyn. Scenario rinviato presumibilmente a dopo la pausa estiva del Parlamento, visto che Westminster chiuderà i battenti giovedì 25 luglio per riaprirli il 3 settembre. La Bbc ha annunciato subito la scelta di Dominic Cummings, ideatore della campagna Vote leave al tempo del referendum sulla Brexit nel 2016, fra coloro che saranno i principali consiglieri del neo premier. Una scelta gradita agli euroscettici, ma criticata dal fronte opposto. Al contrario, Philip Hammond si è dimesso dall'incarico di Cancelliere dello Scacchiere (equivalente al nostro ministro dell'Economia, ndr): «Ho appena consegnato la mie dimissioni a Theresa May», ha scritto Hammond su Twitter. «È stato un privilegio servirla come Cancelliere dello Scacchiere per gli ultimi tre anni», prosegue il tweet. Theresa May, si è subito congratulata col suo successore: «Molte congratulazioni a Boris Johnson eletto leader dei Conservatori, ora abbiamo la necessità di lavorare insieme per arrivare a una Brexit che funzioni per tutto il Paese e per tenere Jeremy Corbyn fuori dal governo. Avrai il mio pieno sostegno dalle retrovie». Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha reagito chiedendo elezioni generali, in modo che siano gli elettori stessi e non solo gli iscritti al Partito conservatore a scegliere il premier: «Boris Johnson ha vinto il sostegno di meno di 100mila membri non rappresentativi del Partito conservatore promettendo tagli alle tasse per i più ricchi, presentandosi come l'amico dei banchieri e spingendo per una Brexit senza accordo dannosa. Ma non ha ottenuto il sostegno del nostro Paese. La gente del nostro Paese dovrebbe decidere chi diventa il premier in una elezione generale», ha sottolineato. Tra i primi a complimentarsi, anche il presidente americano Donald Trump: «Congratulazioni a Boris Johnson per essere divenuto il nuovo premier del Regno Unito. Sarà fantastico!». Già durante la campagna elettorale Trump aveva, infatti, annunciato pubblicamente il suo favore verso l'ex sindaco di Londra. Johnson è già stato etichettato come il nuovo “Trump britannico” dal Presidente stesso, un modo particolare per segnalare come la storica special relationship Usa-Uk stia per diventare “speciale” in modi completamente nuovi, almeno nel breve periodo. Invero, anche con Theresa May il tycoon statunitense era partito bene - ricordiamo le foto in cui camminavamo mano nella mano nei corridoi della Casa bianca -, ma i rapporti erano peggiorati a seguito dei rimproveri di lei sugli interventi statunitensi non richiesti negli affari britannici. Comunque, rimane quasi una certezza il primo viaggio ufficiale di Johnson a Washington, per sancire la nuova "armonia transatlantica", tra una moina e l'altra. La vera domanda è se queste premesse si trasformeranno in una concreta convergenza di politiche o meno. Un'altra delle prime preoccupazioni di Johnson, comunque, dovrebbe essere calmare i rapporti con Tehran. Recentemente, il Regno Unito ha sequestrato una petroliera iraniana nei pressi di Gibilterra, sospettando che stesse trasportando petrolio verso la Siria, e l'Iran ha risposto sequestrando a sua volta una petroliera britannica nello stretto di Hormuz. La faccenda si complica, poiché una risoluzione bilaterale Uk-Iran potrebbe scontentare gli Usa. Difatti, il Regno Unito, insieme ad altri alleati americani in Europa, era stato reclutato più volte da Washington per unirsi alla campagna di “massima pressione” sull'Iran, che in parte era scemata con l'accordo sul nucleare del 2015. La crisi nel Golfo potrebbe comunque rappresentare una buona opportunità per il neo primo ministro e anche Trump è ansioso di impedire lo scoppio di un vero e proprio conflitto. «Il Presidente Trump sembrerebbe più interessato ad una vittoria che a una guerra, e potrebbe voler aiutare Johnson», ha detto Peter Westmacott, l'ex ambasciatore britannico a Washington. «Magari potrebbe esserci un nuovo approccio collaborativo nei confronti dell'Iran, (…) potrebbe valerne la pena». Da ultimo, anche l'Ue incassa la notizia, apparentemente in modo propositivo. «Non vediamo l'ora di lavorare con Boris Johnson in modo costruttivo, quando assumerà il suo incarico, per facilitare la ratifica dell'accordo di ritiro e arrivare a una Brexit ordinata. - ha detto il capo-negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier - Siamo pronti anche a rielaborare la dichiarazione concordata su una nuova partnership» tra Ue e Regno Unito, ha aggiunto, ma «all'interno delle linee guida fissate dal Consiglio Ue». La presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è congratulata così: «Aspetto con ansia di lavorare con lui, abbiamo tempi difficili di fronte a noi, dobbiamo costruire una relazione di lavoro forte», Von der Leyen ha anche ringraziato Theresa May per «l'ottimo lavoro fatto insieme in un contesto difficile, dimostrando molto coraggio e dignità, ha voluto servire al meglio gli interessi britannici».

Un trionfo annunciato quello di Boris Johnson, nuovo leader dei Tory e da oggi premier britannico, a cui ha contribuito anche il suo stile comunicativo poco ortodosso che ne ha fatto una “figura eccessiva” a detta di molti, grazie alle gaffe, alle battute pesanti e al disprezzo totale per il politicamente corretto. Il neoeletto numero uno dei Tory ha ricevuto questo pomeriggio l’incarico di premier britannico dalla regina, e preso possesso della residenza al numero 10 di Downing Street. Ora si attendono le nomine del futuro team che affiancherà il primo ministro, dopo il passaggio di consegne da Theresa May, premier uscente, che oggi ha affrontato l’ultimo Question time ai Comuni e ha rassegnato le dimissioni nelle mani della regina a Buckingham Palace.

«Attuare la Brexit, unire il Paese, sconfiggere Jeremy Corbyn». Sono questi gli obiettivi indicati da Johnson nel discorso della vittoria dopo la sua elezione al ballottaggio con Jeremy Hunt. Johnson ha ribadito di voler portare a termine l’uscita del Regno Unito dall’Ue entro «il 31 ottobre», ha parlato della necessità di «ridare energia» al Paese e al partito, di essere positivi, e ha assicurato di non aver paura «della sfida». Ha poi invitato «in questo momento cruciale nella storia» del Paese e del partito, a «riconciliare» due aspetti che finora sono apparsi inconciliabili: «L’amicizia con gli alleati europei» e «il contemporaneo desiderio di un governo democratico autonomo in questo Paese».

Johnson – 55 anni, paladino della Brexit, ex ministro degli Esteri e già sindaco di Londra – ha stravinto la sfida col suo successore al Foreign office, il 52enne Jeremy Hunt, ministro degli Esteri ottenendo 92.153 voti (il 66%) contro i 46.656 di Hunt, nel ballottaggio affidato ai 160mila iscritti del Partito conservatore britannico. L’affluenza è stata dell’87,4%, mentre le schede respinte sono state 509. Secondo il sistema britannico, non è previsto un voto di fiducia, salvo che a chiederlo sia il leader dell’opposizione, in questo momento il laburista Jeremy Corbyn. Scenario rinviato presumibilmente a dopo la pausa estiva del Parlamento, visto che Westminster chiuderà i battenti giovedì 25 luglio per riaprirli il 3 settembre.

La Bbc ha annunciato subito la scelta di Dominic Cummings, ideatore della campagna Vote leave al tempo del referendum sulla Brexit nel 2016, fra coloro che saranno i principali consiglieri del neo premier. Una scelta gradita agli euroscettici, ma criticata dal fronte opposto. Al contrario, Philip Hammond si è dimesso dall’incarico di Cancelliere dello Scacchiere (equivalente al nostro ministro dell’Economia, ndr): «Ho appena consegnato la mie dimissioni a Theresa May», ha scritto Hammond su Twitter. «È stato un privilegio servirla come Cancelliere dello Scacchiere per gli ultimi tre anni», prosegue il tweet. Theresa May, si è subito congratulata col suo successore: «Molte congratulazioni a Boris Johnson eletto leader dei Conservatori, ora abbiamo la necessità di lavorare insieme per arrivare a una Brexit che funzioni per tutto il Paese e per tenere Jeremy Corbyn fuori dal governo. Avrai il mio pieno sostegno dalle retrovie».

Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, ha reagito chiedendo elezioni generali, in modo che siano gli elettori stessi e non solo gli iscritti al Partito conservatore a scegliere il premier: «Boris Johnson ha vinto il sostegno di meno di 100mila membri non rappresentativi del Partito conservatore promettendo tagli alle tasse per i più ricchi, presentandosi come l’amico dei banchieri e spingendo per una Brexit senza accordo dannosa. Ma non ha ottenuto il sostegno del nostro Paese. La gente del nostro Paese dovrebbe decidere chi diventa il premier in una elezione generale», ha sottolineato.

Tra i primi a complimentarsi, anche il presidente americano Donald Trump: «Congratulazioni a Boris Johnson per essere divenuto il nuovo premier del Regno Unito. Sarà fantastico!». Già durante la campagna elettorale Trump aveva, infatti, annunciato pubblicamente il suo favore verso l’ex sindaco di Londra. Johnson è già stato etichettato come il nuovo “Trump britannico” dal Presidente stesso, un modo particolare per segnalare come la storica special relationship Usa-Uk stia per diventare “speciale” in modi completamente nuovi, almeno nel breve periodo. Invero, anche con Theresa May il tycoon statunitense era partito bene – ricordiamo le foto in cui camminavamo mano nella mano nei corridoi della Casa bianca -, ma i rapporti erano peggiorati a seguito dei rimproveri di lei sugli interventi statunitensi non richiesti negli affari britannici. Comunque, rimane quasi una certezza il primo viaggio ufficiale di Johnson a Washington, per sancire la nuova “armonia transatlantica“, tra una moina e l’altra. La vera domanda è se queste premesse si trasformeranno in una concreta convergenza di politiche o meno.

Un’altra delle prime preoccupazioni di Johnson, comunque, dovrebbe essere calmare i rapporti con Tehran. Recentemente, il Regno Unito ha sequestrato una petroliera iraniana nei pressi di Gibilterra, sospettando che stesse trasportando petrolio verso la Siria, e l’Iran ha risposto sequestrando a sua volta una petroliera britannica nello stretto di Hormuz. La faccenda si complica, poiché una risoluzione bilaterale Uk-Iran potrebbe scontentare gli Usa. Difatti, il Regno Unito, insieme ad altri alleati americani in Europa, era stato reclutato più volte da Washington per unirsi alla campagna di “massima pressione” sull’Iran, che in parte era scemata con l’accordo sul nucleare del 2015. La crisi nel Golfo potrebbe comunque rappresentare una buona opportunità per il neo primo ministro e anche Trump è ansioso di impedire lo scoppio di un vero e proprio conflitto. «Il Presidente Trump sembrerebbe più interessato ad una vittoria che a una guerra, e potrebbe voler aiutare Johnson», ha detto Peter Westmacott, l’ex ambasciatore britannico a Washington. «Magari potrebbe esserci un nuovo approccio collaborativo nei confronti dell’Iran, (…) potrebbe valerne la pena».

Da ultimo, anche l’Ue incassa la notizia, apparentemente in modo propositivo. «Non vediamo l’ora di lavorare con Boris Johnson in modo costruttivo, quando assumerà il suo incarico, per facilitare la ratifica dell’accordo di ritiro e arrivare a una Brexit ordinata. – ha detto il capo-negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier – Siamo pronti anche a rielaborare la dichiarazione concordata su una nuova partnership» tra Ue e Regno Unito, ha aggiunto, ma «all’interno delle linee guida fissate dal Consiglio Ue». La presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è congratulata così: «Aspetto con ansia di lavorare con lui, abbiamo tempi difficili di fronte a noi, dobbiamo costruire una relazione di lavoro forte», Von der Leyen ha anche ringraziato Theresa May per «l’ottimo lavoro fatto insieme in un contesto difficile, dimostrando molto coraggio e dignità, ha voluto servire al meglio gli interessi britannici».