Dar voce a chi resiste e cerca di esistere è una questione assolutamente politica ed aiuta ad agire nella crisi. C’è un noi che ha continuato a vivere. E che non ha ceduto alle sirene del populismo

Per sconfiggere Salvini loro sono decisivi. Loro sono le donne e gli uomini, le esperienza di vita, lotta, società, a cui dà la parola questo numero di Left che esce in un ferragosto infuocato. Non un’idea “antipolitica”, né una scelta spiazzata dall’accelerarsi della crisi. Questo spazio era stato pensato prima che Salvini lanciasse la sua “madre di tutte le battaglie”. Ma per chi, come noi di Left, la lotta contro Salvini, la Lega e il governo giallonero non è una scelta dell’ultima ora, né tantomeno una questione solo elettorale, la coincidenza della crisi con questo dar voce a chi resiste e cerca di esistere è assolutamente politica ed aiuta ad agire nella crisi.

Anche perché molte di queste esperienze e lotte vivevano già prima che ci fosse la stretta di questi mesi. A dire che quanto di negativo e terribile è incubato nella nostra realtà politica arriva da lontano, anche da molto. Da quando la competizione ha sostituito la cooperazione aprendo la strada all’odio. Ma anche a dire che nonostante competizione e odio soffino sull’individualismo c’è invece un noi che ha continuato a vivere. E che non ha ceduto alle sirene del populismo.

Come ha fatto? Coltivando la socialità, immaginando un’alternativa di società e cercando di renderla cosa viva, pratica quotidiana. Contro le élites e contro il populismo, tra Scilla e Cariddi, in un mare che, non a caso rifiuta i porti chiusi. In questo rifiutare i porti chiusi, in questo aprire società c’è l’antidoto agli altri grandi mali della politica e cioè il settarismo e il politicismo. La sfida della alternatività come possibilità di scelta è la cura per quel furto di democrazia che subiamo da troppo tempo da elites e populisti e che ora rischia di degenerare ulteriormente.

Per noi di Left mettere in campo questa risorsa, questo noi, è fondamentale. Lo abbiamo sempre fatto col settimanale, l’online e ora anche con i laboratori politici. Non rinunciando a “leggere” la politica e avendo cara la lezione che era di Luigi Pintor col suo Servabo. Ricordarsi che essa deve vivere anche e soprattutto fuori dai palazzi. Salvini ha lanciato la sua sfida. Dopo essersi coperto dentro il governo giallonero dice di voler fare in proprio. Cosa vuol fare veramente e che cosa pensa per sé e per l’Italia?

Si può anche sospettare che preferisca sfuggire i nodi che vengono al pettine, il rapporto con la Ue, la legge di stabilità, la manovra e l’Iva, lo spread scaricando su altri i problemi e cavalcando l’onda populista oltre questi ostacoli. Attenzione però a non farsi distrarre e non cogliere il senso della sfida che sta lanciando. Anche perché l’andare oltre gli ostacoli di autunno presupporrebbe una “transizione governativa” quanto mai incerta e perigliosa.

C’erano una volta i “governi balneari” che erano di decantazione. Poi c’è stato il governo Monti ed è proprio tutta un’altra storia. Manovra economica, legge europea e dossier aperti come l’autonomia differenziata e il taglio dei parlamentari (o del Parlamento) non possono non inquietare. E c’è il Commissario europeo da indicare. Ma poi la sfida di Salvini sarebbe, è, comunque aperta. Possiamo dire, per cercare di capire, che sia una sorta di “fare come Orban e l’Ungheria”? Naturalmente situazioni diverse, Paesi con pesi diversi, addirittura con Orban che “furbamente” sta con il Ppe e Ursula Von der Leyen in Europa mentre la Lega e Salvini sono rimasti “isolati” e la presidente della Commissione europea ha rifiutato i loro voti che invece in Italia sono stati accettati per la Tav.

Come tutti i paragoni, questo suona solo indicativo. La realtà potrebbe essere anche peggiore. Il fatto è che tutte le forze politiche in Italia sono divise non solo sulla tattica ma sulla identità. Prive di una idea autonoma, molte oscillano tra elitismo e populismo. Questo rende la situazione particolarmente pericolosa. La stessa Lega, che tenta, ed è tentata, l’affondo è quella che vuole un Nord integrato nel traino tedesco o quella del partito della Nazione trumpiano che litiga con Bruxelles?

Il Pd, cosa può fare di se stesso oltre ad esser diviso tra “zingarettiani” e “renziani”, e dopo che le due idee prevalenti “usate” nel post Pci, e cioè partito della nazione e partito dei cittadini, si sono esternalizzate nella Lega e nei Cinquestelle lasciando in sostanza un “partito del governo” (più che “di governo)? E i Cinquestelle, che hanno votato per Ursula Von der Leyen come un “partito macroniano” qualsiasi, pensano di salvarsi rispolverando il populismo? E queste forze politiche possono combinarsi diversamente tra loro in modi che aiutino e non danneggino ulteriormente? In questa situazione delle forze politiche le “istituzioni”, ormai italiane ed europee stanno tra la Costituzione (meno male che resiste) e il “governo europeo” (assai più problematico). Vedremo cosa accadrà.

Di certo chi vuole sconfiggere Salvini, e noi siamo da sempre e in prima fila, sa che per farlo la cosa fondamentale è essere l’opposto di lui. Ed esserlo non solo a parole ma nei fatti, nella vita reale. E di questa vita reale, di queste resistenze che fanno una resistenza, parla questo numero.

L’editoriale di Roberto Musacchio è tratto da Left in edicola dal 17 agosto 2019


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