Quando decisi di partire e trasferirmi ne sapevo veramente poco dell’Albania. Come molti italiani ne conoscevo la posizione sulla mappa e ricordavo a grandi linee il suo recente passato. Tirana l’ho scelta ma, ripensandoci ora, forse ad avermi voluto è stata più lei. È stato un po’ come in quei corteggiamenti dove entrambi si guardano ma poi è l’altro a fare il primo passo e prendere l’iniziativa. Tra me e l’Albania è andata proprio in questo modo e, devo ammettere, nemmeno il tempo di sbarcare ed è stato amore a prima vista.
Sono arrivato nell’ottobre dello scorso anno, con una valigia e tanta voglia di mettermi in gioco. Come tanti miei coetanei impegnati in un dottorato di ricerca in Progettazione architettonica, ero da tempo ben consapevole che per poter avere una carriera di tipo accademico avrei dovuto guardare fuori dai confini nazionali, alla ricerca di un Paese che credesse in me e nella mia formazione. Fare il ricercatore in Italia è difficile, non c’è bisogno di rimarcarlo, ma sentivo di potermi permettere un’avventura in un posto dove un’esperienza reale avrebbe potuto finalmente farmi capire se quella che inseguivo fosse la strada giusta. L’occasione è arrivata la scorsa estate quando mi è stata offerta una posizione presso la Polis University di Tirana, dove avrei potuto mettere in pratica quello che avevo imparato negli ultimi anni in una realtà completamente nuova e differente rispetto a quella con cui mi ero confrontato fino a quel momento.
A Polis insegno progettazione architettonica e dirigo una unità di ricerca che lavora sull’innovazione e approfondisce il rapporto tra Information technology e architettura. Appena arrivato mi è stato comunicato che avrei insegnato al quarto anno del corso di laurea e avrei avuto un corso tutto mio. Alla notizia…