Ricercare la verità è «doloroso e costa a coloro che ci si dedicano seriamente», spiega la scrittrice Nobel alternativo 2018. Voce dei Caraibi, raffinata narratrice delle ferite del colonialismo, ora si rivela in un’autobiografia

Una visione epica dell’esistenza e della letteratura. Una lingua ricca di aromi, carnale, nitida. Con grande spessore letterario e umano, Maryse Condé, premio Nobel alternativo 2018, ha raccontato la sua terra madre, l’isola caraibica di Guadalupe, e le ferite del colonialismo. Grande viaggiatrice, dalla Francia, scelse di andare a vivere e a insegnare in Africa, rifiutando ogni mitologia delle radici, per conoscere quella immensa e variegata realtà con i propri occhi. A 82 anni ora lo racconta nell’autobiografia La vita senza fard (La Tartaruga), coraggiosa testimonianza di scrittrice e donna che si presenta senza infingimenti.

Maryse, la verità chiede coraggio, identità, assunzione di responsabilità, cosa significa per lei la parola «verità» e quanto le è costato cercarla sempre?
C’è un’immagine che caratterizza ognuno di noi, che uno lo voglia o meno. Un’ immagine fatta da propositi a volte concepiti senza troppe riflessioni, da reazioni momentanee, immediate. Questa immagine a volte ne nasconde una più profonda, più adeguata alla propria personalità più intima. Quello che io chiamo verità è la ricerca costante dell’espressione di sé più autentica, al di là delle idealizzazioni e dei malintesi. Non è un’impresa facile, è un lavoro di demistificazione, è il rifiuto di ciò che è comodo e facile ricordare. Questa ricerca è dolorosa e costa a coloro che vi si dedicano seriamente.

Nel dittico Le muraglie di terra e La terra in briciole lei riporta alla luce la storia di Segou e della sua islamizzazione, dall’arrivo del primo bianco sul Niger fino alla conquista coloniale francese. La verità storica ha una grande importanza collettiva, ma troppo spesso viene negata?

Non ho inventato nulla. Tutto il mondo sa che Mungo Park era stato inviato dalla Società di geografia inglese per scoprire in quale senso scorresse il fiume Niger, chiamato “Joliba” dagli africani. Sono partita da questo aneddoto per raccontare la vita dei primi abitanti dell’impero Bambara. Ho voluto…

L’intervista di Simona Maggiorelli a Maryse Condé prosegue su Left in edicola dal 17 agosto 2019


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