Prima i cori razzisti contro il calciatore dell'Inter Lukaku. Poi il pessimo comunicato degli ultras nerazzurri. Siamo alle solite. Lo stadio viene considerato un'enclave in cui non esistono le regole dello Stato

A Cagliari il calciatore dell’Inter Lukaku, mentre si apprestava a tirare un calcio di rigore, è stato sommerso da cori razzisti e scimmieschi, di chi ha voluto attaccarlo sul colore della pelle. Le immagini sono state riprese da un tifoso, lì sugli spalti, e hanno (per fortuna) indignato parecchia gente in giro trasformando l’evento in una notizia. Non stupisce il razzismo negli stadi da calcio, figurarsi se in un Paese in cui il razzismo cola dalle bocche dei dirigenti politici non si ritrovi anche in porti franchi come sono considerate le curve dei tifosi.

Stupisce però il comunicato degli ultrà interisti che ieri ci hanno dato lezioni di etica con un pessimo comunicato urlato sui social che inizia così:

«LETTERA APERTA A ROMELU LUKAKU, GLI ITALIANI NON SONO RAZZISTI !!!

DOPO L’ENNESIMO TEATRINO MEDIATICO DI LUOGHI COMUNI SUL PRESUNTO RAZZISMO DEGLI ULTRAS ORCHESTRATO DA CHI VUOLE RACCOGLIERE I SOLITI E FACILI CONSENSI POPOLARI FRUTTO DELL’IGNORANZA, LA CURVA NORD MILANO ANCORA UNA VOLTA HA SCELTO DI RIPETERE I DISTINGUO TRA IL RAZZISMO VERO E QUELLO “STRUMENTALE” CHE NON RIGUARDA IL MONDO ULTRAS COME INVECE I SOLITI FALSI MORALISTI AMANO FAR CREDERE PER ACCRESCERE INUTILI ALLARMISMI E CONDANNARE GRATUITAMENTE IL NOSTRO MONDO…».

Non sono razzisti, è lui che è nero, insomma. Ma anche qui siamo alle solite. Valerio Moggia su Vice scrive un interessante articolo in cui elenca solo alcuni dei fatti recenti italiani: il giocatore del Napoli Koulibaly definito «un bugiardo e piccolo uomo» dalla curva interista per avere denunciato gli ululati nei suoi confronti, il presidente del Cagliari (sempre loro) che definiva la discussione sugli urlati contro il giocatore della Juventus Kean degli «inutili moralismi», Bonucci che sempre sul suo compagno di squadra disse che le colpe erano «50 e 50», l’Udinese che nell’89 non comprò Rosenthal per delle scritte antisemite, l’olandese Maickel Ferrier che non si trasferì a Verona dopo che due tifosi si travestirono incappucciati da Ku Klux Klan e altro.

Lo stadio sembra che non debba sottostare alle leggi, come se fosse un’enclave in cui non esistono le regole dello Stato. E così il rigore viene vissuto come un inutile fardello in carico ai tifosi. E poi ci si stupisce che quei modi e quei gesti escano dallo stadio e si riversino nelle strade. Come la gente alla fine della partita, del resto. Chissà che ne pensa la Figc.

Buon giovedì.