No, no, no, Giulio non sono io. Ma Di Maio agli Esteri pone in modo centrale un argomento sparito dai radar dell’ultimo governo che è Giulio Regeni (del resto i sindaci della Lega ne rimuovono gli striscioni). Quel Giulio Regeni che molti esponenti del Movimento 5 Stelle (con il presidente della Camera Fico in testa) da mesi dicono di volere difendere ricercando la verità e che invece rimane nel cassetto delle storie che in molti si augurano che si dimentichino in fretta.
Di Maio da vicepremier si era esposto affrontando il caso direttamente con il presidente egiziano Al Sisi, e fece assicurazioni che non hanno mai avuto seguito. Lo scorso novembre annunciò conseguenze se dal Cairo non fossero arrivate risposte concrete entro la fine del 2018: conseguenze mai viste, risposte concrete dall’Egitto nemmeno.
«Ora che ha il potere e la responsabilità di porre in essere quelle conseguenze minacciate nei confronti del governo egiziano, confidiamo che il ministro vorrà come prima cosa richiamare il nostro ambasciatore e pretendere la verità fino ad oggi nascosta e negata» hanno scritto ieri i genitori di Giulio.
Quando Di Maio era ancora all’opposizione, nel 2016, disse: «Il governo dovrebbe minacciare ed eventualmente avviare ritorsioni economiche verso l’Egitto. Giulio era ed è uno dei nostri orgogli nel mondo. Il governo deve andare fino in fondo, lo faccia una volta tanto».
Ora è nel posto più ideale per prendere in mano la situazione e dimostrarci che le parole valgono, hanno un peso, sono politica. Se davvero Di Maio vuole rilanciarsi c come uomo forte (non voleva per questo il Viminale?) allora su Regeni (così come su Silvia Romano) ha l’opportunità di fare la voce grossa.
Aspettiamo.
Buon venerdì.