Come diceva Primo Levi, se non si poteva pensare al nazismo senza lager, è invece possibile ipotizzare un socialismo senza gulag. Perdere di vista queste differenze fondamentali, come fa la risoluzione Ue, significa innanzitutto non capire cos’è stato nella sua essenza il nazismo

Ciclicamente, con cadenza regolare, emerge dalle pagine dei giornali, dalle aule parlamentari, dai libri di storia un mantra col sibilo del serpente, il veleno dello scorpione, la viscidità dell’anguilla: il nazismo è stato violento quanto il comunismo. Hitler non ha fatto niente di più e di peggio di Stalin.

L’ultimo rigurgito di revisionismo storico proviene però questa volta dal Parlamento europeo che, il 19 settembre, ha votato a stragrande maggioranza un documento dove i due totalitarismi del Novecento vengono equiparati in termini di violenza e oppressione, in nome di un’Unione europea volta all’amore e alla fratellanza tra i popoli.

Rispetto alle polemiche degli anni Ottanta, che hanno diviso l’opinione pubblica tra revisionisti e anti-revisionisti, il testo in questione sconvolge per la pochezza e l’ignoranza di motivazioni e intenti: il patto Molotov-Ribbentrop individuato come causa della Seconda guerra mondiale; il revisionismo storico menzionato come pericolo da scongiurare – non rendendosi conto che lo stesso documento è un esempio lampante di detta revisione della storia -; l’annullamento di qualsiasi unicità dei crimini nazisti, che diventano così una…

L’articolo di Elisabetta Amalfitano prosegue su Left in edicola dal 4 ottobre 2019

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