Forte questa Europa e questa Nato e questa comunità internazionale (qualsiasi cosa voglia dire) che apre le porte allo sterminio dei curdi. Forte Trump che dichiara sconfitto l’Isis anche se il Pentagono dice che non è vero. Forte che ora tutti condannino, succede sempre così: questo condanna, quello condanna, quelli scrivono su carta bollata che è tutto inaccettabile e così via. E chissà Erdogan come se la fa sotto, con le condanne formali.
Una cosa è certa: in Turchia definire l’attacco alle aree curde per quello che è costa tantissimo, da quelle parti non essere d’accordo con il potere lo chiamano terrorismo e diventa facile redimere i rivoltosi con il carcere e con la censura. Chissà che qualcuno non rifletta sulla lezione.
Ma l’aspetto politicamente tragico della vicenda (quello umano è e sarà sotto i proiettili e le bombe turche) sta tutto in questa Europa che è riuscita a mettersi praticamente in mano a un despota credendo di poterlo normalizzare e invece continuando a pagare pegno. E infatti è arrivato subito il ricatto: «Se l’Ue ci accuserà di “occupazione” della Siria e ostacolerà la nostra “operazione” militare, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi» ha detto Erdogan.
Così si capisce esattamente cosa si rischi nell’affidare a Paesi illiberali e antidemocratici la gestione di fenomeni complessi illudendosi di poter nascondere la polvere ai confini dell’impero: vale per la Turchia, vale per la Libia, vale per tutti.
E chissà cosa dicono quelli che Erdogan ce lo propongono come modello politico da importare nel nostro Paese.
Intanto la gente muore. Lui spara e in più, non contento, ricatta.
Buon venerdì.