epa07909607 Turkish President Recep Tayyip Erdogan addresses provincial chairmans of ruling Justice and Development Party (AKP) in Ankara, Turkey 10 October 2019. Turkey has launched an offensive targeting Kurdish forces in north-eastern Syria, days after the US withdrew troops from the area. EPA/STR
Forte questa Europa e questa Nato e questa comunità internazionale (qualsiasi cosa voglia dire) che apre le porte allo sterminio dei curdi. Forte Trump che dichiara sconfitto l'Isis anche se il Pentagono dice che non è vero. Forte che ora tutti condannino, succede sempre così: questo condanna, quello condanna, quelli scrivono su carta bollata che è tutto inaccettabile e così via. E chissà Erdogan come se la fa sotto, con le condanne formali.
Una cosa è certa: in Turchia definire l'attacco alle aree curde per quello che è costa tantissimo, da quelle parti non essere d'accordo con il potere lo chiamano terrorismo e diventa facile redimere i rivoltosi con il carcere e con la censura. Chissà che qualcuno non rifletta sulla lezione.
Ma l'aspetto politicamente tragico della vicenda (quello umano è e sarà sotto i proiettili e le bombe turche) sta tutto in questa Europa che è riuscita a mettersi praticamente in mano a un despota credendo di poterlo normalizzare e invece continuando a pagare pegno. E infatti è arrivato subito il ricatto: «Se l’Ue ci accuserà di “occupazione” della Siria e ostacolerà la nostra “operazione” militare, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi» ha detto Erdogan.
Così si capisce esattamente cosa si rischi nell'affidare a Paesi illiberali e antidemocratici la gestione di fenomeni complessi illudendosi di poter nascondere la polvere ai confini dell'impero: vale per la Turchia, vale per la Libia, vale per tutti.
E chissà cosa dicono quelli che Erdogan ce lo propongono come modello politico da importare nel nostro Paese.
Intanto la gente muore. Lui spara e in più, non contento, ricatta.
Buon venerdì.
Forte questa Europa e questa Nato e questa comunità internazionale (qualsiasi cosa voglia dire) che apre le porte allo sterminio dei curdi. Forte Trump che dichiara sconfitto l’Isis anche se il Pentagono dice che non è vero. Forte che ora tutti condannino, succede sempre così: questo condanna, quello condanna, quelli scrivono su carta bollata che è tutto inaccettabile e così via. E chissà Erdogan come se la fa sotto, con le condanne formali.
Una cosa è certa: in Turchia definire l’attacco alle aree curde per quello che è costa tantissimo, da quelle parti non essere d’accordo con il potere lo chiamano terrorismo e diventa facile redimere i rivoltosi con il carcere e con la censura. Chissà che qualcuno non rifletta sulla lezione.
Ma l’aspetto politicamente tragico della vicenda (quello umano è e sarà sotto i proiettili e le bombe turche) sta tutto in questa Europa che è riuscita a mettersi praticamente in mano a un despota credendo di poterlo normalizzare e invece continuando a pagare pegno. E infatti è arrivato subito il ricatto: «Se l’Ue ci accuserà di “occupazione” della Siria e ostacolerà la nostra “operazione” militare, apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi» ha detto Erdogan.
Così si capisce esattamente cosa si rischi nell’affidare a Paesi illiberali e antidemocratici la gestione di fenomeni complessi illudendosi di poter nascondere la polvere ai confini dell’impero: vale per la Turchia, vale per la Libia, vale per tutti.
E chissà cosa dicono quelli che Erdogan ce lo propongono come modello politico da importare nel nostro Paese.
Intanto la gente muore. Lui spara e in più, non contento, ricatta.