Ricorrere all’antitrust, rafforzare le norme sulla privacy e quelle sul lavoro. Sono azioni importanti, ma insufficienti a intaccare lo strapotere del capitalismo delle piattaforme online. Per farlo, bisogna investire in tecnologie pubbliche, non orientate al profitto, spiega il sociologo Evgenij Morozov

Tra gli esperti più acuti nel decifrare le logiche che si dispiegano dietro ai nuovi media e ad Internet per come lo conosciamo, il politologo e sociologo bielorusso Evgenij Morozov viene spesso additato nel panorama internazionale come principale critico del «tecno-utopismo». Ma le argomentazioni che emergono dalle sue opere non sono certo figlie di un pessimismo apocalittico. Anzi. Nelle sue analisi – come in Silicon Valley: i signori del silicio (Codice edizioni, 2016) – traspare una profonda consapevolezza delle dinamiche attraverso le quali Paesi e corporation del digitale hanno letteralmente plasmato la rete a proprio uso e consumo. Mettendo il profitto sopra ogni cosa, e facendoci allontanare a grandi passi dall’utopia di internet come luogo di crescita culturale e di libero scambio. Basti pensare al tema della monetizzazione dei nostri dati personali, della minaccia alla sovranità monetaria nazionale rappresentata da Libra, la valuta di Facebook, ma anche dei monopoli digitali e del business della sorveglianza. A fronte di queste minacce, Morozov ha le idee chiare su come poterci difendere. E su come farlo da sinistra.

Professor Morozov, nelle sue opere sostiene che le piattaforme digitali rappresentano una minaccia per le nostre democrazie. Ma nel senso comune AirBnb, Uber, Facebook ecc. continuano ad essere visti come strumenti innocui che risolvono problemi complessi e facilitano la nostra vita. Come rendere evidenti i pericoli dello strapotere di Big tech, senza passare per luddisti?
Il discorso sul loro impatto si deve spostare da un livello esclusivamente individuale – come queste piattaforme ci influenzano in quanto consumatori, come intaccano la nostra privacy, e così via – per concentrarsi di più sugli effetti che provocano sulle nostre democrazie, sull’economia e sulle disuguaglianze. Ciò che manca è un’adeguata lettura teorica e politica della Silicon Valley come parte integrante del capitalismo contemporaneo. Si continuano a presentare queste imprese come se avessero a cuore prima di tutto il bene dell’umanità. Tale situazione necessita un cambiamento, che richiederebbe una migliore comprensione dell’attrattiva ideologica delle promesse fatte dalla Silicon Valley e dai suoi difensori.

Di fronte alla sfida dell’Internet of things – che aumenterà in modo esponenziale la quantità di nostri dati in mano alle aziende “della Silicon Valley” – qualcuno dice che la soluzione per tutelare la nostra privacy e la democrazia sia riformare questa forma di capitalismo, rompendo il monopolio in mano a poche aziende tecnologiche. Una soluzione che lei ha criticato, perché non esce da un’ottica neoliberale. Che fare allora?
Dovremmo ricorrere con ogni mezzo alla potenza della…

L’intervista di Leonardo Filippi a Evgenij Morozov prosegue su Left in edicola dal 25 ottobre 

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