Ora, riassumendo, si potrebbe dire che la giornata politica di ieri propone due macroargomenti. In un quotidiano si direbbe che sono i due argomenti di apertura: c’è la reazione di Mario Balotelli (professionista delle reazioni) ai buu razzisti della tifoseria del Verona (che sul razzismo è sempre riuscita a farsi notare, diciamo) e dall’altra parte c’è l’ex Ilva che viene “lasciata” da AncelorMittal perché non è riuscita, tra le altre cose, ad avere garanzia di impunità.
In un Paese normale, un Paese che rispetta la cronaca e decide di dibatterne con onestà intellettuale ci sarebbero i due fronti che adducono le proprie ragioni. Sul razzismo ci sarebbero (e ci sono) quelli che minimizzano (e nascosti tra loro anche i razzisti) e quelli che chiedono pene severe. Magari ci sarebbe anche qualche politico che riflette sul fatto che chiedere la carta d’identità per i social quando gente ci mette la faccia per insultare un calciatore nero sembri davvero una cosa minima. Sull’ex Ilva ci sarebbe chi dice che il lavoro merita anche qualche calata di braghe del governo e dall’altra chi proverebbe a fare notare che chiedere uno “scudo” legale per garantire posti di lavoro potrebbe sembrare un ricatto.
In un Paese normale chi è al governo studierebbe subito delle soluzioni, tutti insieme, poi uscirebbero dalla porta del Consiglio dei ministri e ci spiegherebbero cosa hanno intenzione di fare.
Invece qui accade che una componente del governo se la prenda con il governo di cui fa parte. In pratica un autodafé. E accade che un presunto valoroso politico ex ministro dell’Interno riesca addirittura a dire che Balotelli (perché non ha il coraggio di dire “il razzismo”) è l’ultimo dei suoi problemi e che un operaio dell’Ilva vale dieci volte lui, che fa “il fenomeno”. Ovvero nel nostro Paese c’è qualcuno, dalla politica codarda e demagogica e razzista, che riesce addirittura a innescare una guerra tra operai e calciatori. Uno schifo immondo.
Buon martedì.