Dei 30mila partecipanti al "vertice" di Madrid una buona metà sono lobbisti o “facilitatori”, tutti inviati dalle multinazionali del fossile e del nucleare, per controllare e possibilmente determinare il solito vuoto di decisioni dei documenti finali.

Solo persone che fanno del sopruso verso i deboli una loro regola di vita, possono negare che il cambiamento climatico sia già una durissima realtà con cui bisogna fare i conti ogni giorno, una verità che dovrebbe funzionare più di qualsiasi appello del mondo scientifico.
Dovrebbero bastare le immagini di Venezia sott’acqua per raccontare la tragedia a cui va incontro l’umanità, soprattutto la sua parte più povera.
Fenomeni naturali… bla, bla, bla… scrivono e ripetono in televisione, prezzolati gazzettieri, gli stessi che chiamano taxi del mare i gommoni con cui i migranti cercano di sfuggire ai soprusi, alle guerre o più semplicemente alla desertificazione dei propri territori.
Eppure, se si guardano i risultati dei precedenti vertici sul clima, sembra proprio che le regole del gioco le decida questa gente. Dal 2 dicembre l’Onu ne ha convocato un altro, la COP25. Si svolge a Madrid, ma si sarebbe dovuto fare a Santiago del Cile o in alternativa in Brasile entrambe scartate, la prima perché travolta dalle manifestazioni di protesta del suo popolo e la seconda per manifesta ostilità del suo presidente, impegnato a dar fuoco alla foresta amazzonica.
Dicono che parteciperanno una cinquantina di capi di Stato, cioè di decisori politici, e quasi 30mila loro consulenti. Già questa sproporzione fra chi decide e chi consiglia cosa decidere, è sospetta.
Dei 30mila partecipanti annunciati una buona metà sono lobbisti o “facilitatori”, tutti inviati dalle multinazionali del fossile e del nucleare, per controllare e possibilmente determinare il solito vuoto di decisioni dei documenti finali. La regola non è impedire che si prendano impegni, anche solenni ed ambiziosi, ma che sia facoltativo applicarli nelle politiche dei vari governi. Quindi, in poche parole, che non siano previste sanzioni per chi deciderà di non rispettarli. Se questo sarà il compromesso a cui anche questo appuntamento di Madrid giungerà, suoneranno come vuote le parole del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres che chiedono di agire in fretta, ammonendo che è già stata varcata la soglia da cui non si torna più indietro. Basta un dato, dei tanti diffusi dall’ultimo rapporto dell’Onu a dirci quanto grandi siano i ritardi accumulati: anche questo vertice di Madrid si apre con le emissioni climalteranti in aumento. Non solo. Se a ciò si aggiunge che fra la COP24 di Parigi, nel 2018, e questa di adesso a Madrid, uno dei paesi che più emette gas serra, gli Usa, si tira fuori da qualsiasi accordo possibile, non resta che prepararsi al peggio. Si tratta di un colpo quasi definitivo dato alla necessaria multilateralità con cui va affrontato il problema, aggravato dal fatto che tutti gli altri paesi, Europa in testa, saranno spinti dalla decisione americana a non fare nulla, in attesa che gli Stati uniti cambino presidente e opinione.
E così non solo non si previene, ma si fa poco anche per le necessarie politiche di adattamento. Tanto per incominciare va detto che possono adeguarsi al clima che cambia solo i paesi ricchi, cioè una piccola parte dell’umanità, mentre la parte povera, a cui non resta che scappare dalle proprie terre, viene abbandonata o agli eventi estremi o alla repressione se cerca di sfuggirvi.
Questi sono i crudi presupposti con cui confrontarsi e che indurranno tanti al pessimismo. Sarebbe augurabile non all’impotenza. Come non accorgersi che questa volta il loro rituale si svolge disturbato da un movimento collettivo, animato dalle nuove generazioni? E’ vero che tutti i vertici hanno avuto il loro contro vertice, ma questa volta c’è una grande novità. Da ormai un anno si susseguono manifestazioni e proteste in tutto il mondo, cresciute grazie all’esempio della giovane svedese Greta Thumberg.
È quindi augurabile che siano tante e tanti coloro che parteciperanno all’appuntamento alternativo, la COP sociale, che inizierà con una grande manifestazione il prossimo 6 dicembre, sempre a Madrid.
Conforta soprattutto che l’obiettivo degli organizzatori sia quello di proseguire la mobilitazione anche dopo la conclusione del vertice ufficiale. Sarà anche vero che quel movimento non ha ancora la forza sufficiente per orientare le decisioni, ma la sua consapevolezza e la sua diffusione stanno crescendo rapidamente e quindi è giusto sperare che oltre ad annunciare catastrofi, possa influire e faccia prendere le decisioni giuste per impedirle.