Circa un migliaio di avvocati penalisti di tutta Italia per sei giorni si sono alternati ad un microfono in piazza Cavour a Roma per dire no alla riforma abrogativa della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, voluta fortemente dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Ideatore della maratona oratoria è stato il presidente dell’Unione delle Camere penali italiane, Giandomenico Caiazza: «È la prima volta che si è organizzata una forma di protesta di questo tipo tra gli avvocati. L’ispirazione mi è venuta grazie a Marco Pannella che la ideò circa 25 anni fa per una campagna referendaria».
L’obiettivo dei partecipanti è stato quello di dire finalmente la verità sul tema della prescrizione che, a detta di Caiazza, è stato contraddistinto «da una delle più riuscite ed efficaci operazioni di manipolazione informativa che sia dato ricordare». La verità passa anche attraverso le storie di persone che sono rimaste imprigionate nelle catene della giustizia per decenni, vedendo spesso le loro vite sconvolte.
Un avvocato ha raccontato che quando era al liceo due persone sono finite a processo con l’accusa di essere pedofili. Il processo è durato talmente tanto che in appello sono state difese da quello stesso avvocato che intanto aveva terminato la scuola, si era laureato ed aveva fatto la pratica. La vicenda si è conclusa con una assoluzione ma i due imputati hanno confessato che in un momento di massimo sconforto avevano pensato di farla finita.
Otto anni invece ci sono voluti perché una dirigente comunale, sottoposta a processo per turbativa d’asta, venisse assolta in primo grado «perché il fatto non sussiste». Poi c’è un ex dipendente di Poste italiane che viene arrestato nel 1997 con l’accusa di essere basista di due rapine, rimane in custodia cautelare per un anno, nel 2004 viene condannato a 6 anni di reclusione e solo nel 2011 assolto in appello con la formula piena. Ci sono voluti quattordici anni per…