Il conflitto politico, in vista delle elezioni regionali del 26 gennaio in Emilia Romagna è entrato nel vivo: la lotta vedrà opporsi soprattutto Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia da una parte, e dall’altra la lista del candidato presidente Bonaccini, il Pd e la lista ecologista e di sinistra “Emilia-Romagna Coraggiosa” (ed eventualmente le altre che dovessero riuscire a raccogliere le firme). Ci saranno forse anche altre liste a sinistra fuori dalla coalizione, per le quali, grazie alla nostra brutta legge elettorale fortemente maggioritaria, sarà quasi impossibile il raggiungimento della soglia di consensi minima per eleggere un loro rappresentante. Il rischio concreto che il turno unico possa favorire le destre nazionaliste spingerà molti a preferire il voto ad una delle forze della coalizione.
La posta in gioco è altissima e riguarda sia il futuro governo di una delle più importanti regioni italiane che le conseguenze, inevitabili e di lunga durata, che l’esito del voto avrà sugli equilibri nazionali. Se fosse sconfitta, la destra rappresentata da Salvini e Meloni – liberista e subordinata ai ceti dominanti in economia e nelle politiche contro l’ambiente, filopadronale nelle relazioni sociali e del lavoro, razzista e contigua in maniera esplicita al neofascismo – potrebbe iniziare il suo declino. Al contrario, se Bonaccini e la coalizione che lo sosterrà dovessero perdere, l’egemonia della Lega si rafforzerebbe in maniera forse decisiva anche a livello nazionale.
In questo scenario il ruolo della lista “Coraggiosa”, il cui progetto politico è sintetizzato dall’affermazione «non esiste giustizia sociale senza giustizia ambientale, e viceversa», si mostra come determinante: battere la destra è importante quanto condizionare da sinistra le politiche future della Regione. L’esperienza di governo di Bonaccini si segnala per…