Le Sardine, con un effetto a catena, riempiono finalmente le piazze delle città, e lo fanno con parole d’ordine chiare: antifascismo, antipopulismo, difesa della Costituzione. E riescono a farlo unendo un popolo disperso e ampio che proviene dalle tante anime che vivono o sopravvivono nella sinistra: da Sinistra italiana ad Mdp-Articolo1, dal Pd ad èViva, persino dal Movimento 5 stelle fino a giovani antagonisti, da “senza patria” a generici e spesso prevalenti delusi. Meraviglioso e straordinario: è indubbio che tutto questo sia da salutare con favore e partecipazione.
Quindi la Sinistra sta rinascendo? Nutro qualche dubbio. E non per generica diffidenza ma per ragionamento che vuole provare a scavare un po’ al di sotto della superficie visibile. Mi chiedo: quale posizione assumono quelle piazze ad esempio sul Tav? E sul taglio dei parlamentari? E sulla riforma del sistema elettorale? Preferiscono un sistema proporzionale, maggioritario o secondo il novello Germanicum? E lo sbarramento al 3 o al 5%? E che pensano sulla crisi dell’Ilva? E sulla reintroduzione dell’articolo 18 magari aggiornato per comprendere le nuove forme di lavoro sempre più penalizzanti? E sul Jobs act?
Probabilmente (certamente) gli animatori delle piazze di Mdp la vedrebbero in maniera differente da quelli di Sinistra italiana, o da quelli del Pd ecc., e quelle piazze si dividerebbero immediatamente, proprio come è divisa da tempo la sinistra in Italia. Quelle piazze cioè, così come si caratterizzano, non possono andare oltre le parole d’ordine ricordate, le quali – pure se giuste e necessarie – non possono racchiudere in sé e risolvere le contraddizioni e le insufficienze della sinistra di questi decenni. Non è un caso che gli stessi organizzatori del movimento delle Sardine rimarchino, oltre alla distanza dai partiti, che non spetta a loro dare soluzioni.
Allora non si esce dall’equivoco di fondo: le piazze ittiche rappresentano la domanda (l’esigenza di rappresentanza, la necessità di rinnovamento della sinistra) non la risposta, che spetterebbe invece ai soggetti politici finora incapaci a svolgere questa funzione. Il pericolo che si intravede è che questo movimento, così generico e apparentemente unificante, possa trasformarsi in realtà nella replica, magari più consapevole, della genesi che portò alla nascita del Movimento 5sStelle: una forza con parole d’ordine giuste, sufficientemente di sinistra, ma che poi per la genericità dell’impianto si è dimostrata incapace di azione politica di cambiamento, avvitandosi sempre più nel governismo per l’assenza di fatto di una visione alternativa, e avviandosi ora, pare, al dissolvimento. Oppure perire come fu per i Girotondi, il Popolo viola e simili.
Non sono le pur necessarie ed entusiasmanti piazze delle Sardine che possono risolvere i limiti della sinistra in Italia. Una sinistra che fosse tale dovrebbe porsi il problema di immaginare un nuovo modello di sviluppo, di contrasto alla schiavitù della crescita continua del Pil, un’alternativa al liberismo, e su quello animare le piazze.
O c’è chi, in questo scenario, può credere che basti l’abbandono dell’uso delle bottigliette di plastica per essere alternativi al liberismo, cioè all’attuale modello di sviluppo? Chi può credere che bastino le pur opportune battaglie per la diminuzione dell’Iva sugli assorbenti, per costruire davvero un Green New Deal? Tutto ciò oltre che tragico, è ridicolo, semplicistico e riduttivo.
Bisogna andare oltre, e provare ad immaginare una sinistra che riscopra il suo ruolo e la sua funzione, innanzitutto di difesa dei deboli, degli “sfruttati” si sarebbe detto un tempo, di difesa dei diritti, di lotta per il loro allargamento, ma soprattutto che sappia coniugare ciò con un’idea diversa di mondo. Una sinistra che “abiti” le piazze delle Sardine, ma che sappia, nel cogliere le novità e le spinte che lì emergono, arricchirle con una proposta ed una visione complessiva, che è esattamente quella che oggi manca.
Perché in Portogallo ed ora in Spagna, si possono proporre (e con ciò anche vincere) programmi con un minimo di ambizione alternativa al liberismo ed in Italia non si riesce neppure a ipotizzare una riflessione? Questo governo, ad esempio, nato, come noto, inaspettatamente e non come risultato vittorioso di battaglie politiche o sociali o persino parlamentari, tuttavia proponeva la discontinuità come tratto distintivo. Lo stesso simulacro di sinistra parlamentare, nel favorire la nascita del governo per scongiurare i pericoli salviniani, tuttavia sembrava ponesse alla base di tutto la discontinuità con le politiche giallo-verdi, ma anche renziane.
Si deve allora riproporre, o proporre finalmente con forza, almeno quei piccoli (grandi) punti programmatici che sembrava potessero caratterizzare e giustificare la presenza di forze di sinistra nell’esecutivo e che possano renderla riconoscibile:
• abolizione, non riforma, dei decreti Sicurezza
• riforma del sistema fiscale accentuandone il carattere progressivo con diminuzione della pressione verso i redditi bassi e aumento verso i grandi capitali, l’introduzione di una patrimoniale vera e con meccanismi di tassazione dei profitti delle multinazionali e dei giganti del web (e perciò farsi promotori di battaglie in campo europeo per l’unificazione delle politiche fiscali dei vari Paesi europei)
• reintroduzione di un sistema elettorale proporzionale, il solo davvero rappresentativo
• smantellamento delle politiche migratorie salviniane ma anche degli accordi dell’ex ministro Minniti;
• far riprendere all’Italia un ruolo centrale e di pace nel Mediterraneo ricordando che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (art.11 della Costituzione, ancora fortunatamente in vigore).
Insomma non propriamente l’assalto al Palazzo d’Inverno, ma un programma minimo che dia senso alla presenza delle pur sparute forze di sinistra nel governo, sapendo che non è facile il confronto e i contrasti da affrontare sono enormi. Insomma una sinistra che non rinunci alle proprie visioni, a rappresentare il mondo del lavoro, del lavoro precario e del non-lavoro, che non accetti di sottostare ai facili ricatti (“altrimenti torna Salvini”) ed ingoiare, con la promessa di un dopo, il taglio demagogico dei parlamentari piuttosto che una ennesima riforma elettorale.
Solo se si ricomincia da questo, oggi nell’immediato, si può tornare a riflettere su una nuova politica ecologica per il pianeta quale occasione di sviluppo e di lavoro, sulla necessità di una diversa distribuzione della ricchezza, sulla necessità che lo sviluppo tecnologico serva a migliorare la qualità della vita e non si traduca in aumento dei profitti. Se così non sarà non basteranno Sardine o altre specie ittiche a far rinascere la sinistra. Solo così la sinistra può ambire a tornare a rappresentare un orizzonte di riferimento e una speranza per il futuro.
* Lionello Fittante è cofondatore dell’associazione #perimolti e aderisce a èViva