L’indagine sulla ‘ndrangheta denominata Rinascita-Scott e condotta da Nicola Gratteri conferma ciò che da qualche tempo scriviamo. Esistono punti di collegamento tra i vertici della ndrangheta e centri occulti di potere che hanno interessi comuni con quest’organizzazione criminale. Per noi cittadini è arrivato il momento di comprendere che la “nuova ndrangheta del terzo millennio” ha acquisito rapporti stretti con i poteri forti, nazionali e internazionali.
L’importanza storica dell’indagine di Gratteri, pertanto, dipenderà dal riuscire a provare in giudizio l’esistenza di una rete, ove si anniderebbero questi poteri forti, una sorta di “super comitato”, costituito da uomini politici, massoni, banchieri, giornalisti, alti burocrati dello Stato (magistrati, avvocati, docenti universitari), industriali, che influenzerebbe (direttamente o indirettamente) anche le sorti dello Stato italiano e della sua democrazia.
I poteri forti nazionali costituiscono il cosiddetto terzo livello, mentre quelli sovranazionali realizzerebbero il quarto livello, di cui ancor poco si sa e si scrive. La ‘ndrangheta calabrese prima di tutte le mafie italiane ha compiuto, con particolare arguzia, un vero e proprio avanzamento di qualità riuscendo a cogliere, meglio di altri, le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati, così come dall’abbattimento dei confini e dalle innovazioni tecnologiche. Ha compreso che la propria pervasività dovesse estendersi alle organizzazioni e alle multinazionali (il quarto livello) abbastanza grandi da contare e pesare nello scenario politico ed economico non solo nazionale ma anche internazionale. Si è organizzata con le strutture intermedie attive ormai in ogni parte del mondo (Americhe, Asia, Australia, Nuova Zelanda, solo per citarne alcune).
La ‘ndrangheta ha capito il ruolo che la globalizzazione dell’economia avrebbe giocato e si è adeguata ai tempi per il semplice fatto che l’attività predatoria di questo tipo di organizzazioni criminali si rivolge sempre verso la ricchezza. Oggi, la ‘ndrangheta è una “impresa multinazionale” entrata a pieno titolo nell’economia globale. Lo stretto legame di consanguineità tra i consociati le consente di espandersi in maniera organica, di accreditarsi con forza (usando violenza o corruzione) in circuiti che sono utili per condizionare scelte politiche e amministrative o regolare rapporti con imprese, enti, banche e istituzioni nazionali e sovranazionali.
La nuova ndrangheta organizzata possiede il know-how relazionale e professionale necessario per mimetizzarsi nell’economia legale rinsaldando alleanze affaristico-mafiose tra consorterie di matrice nazionale e internazionale. L’immensa quantità di denaro di cui dispone la ndrangheta – una massa in continua crescita derivante dal traffico di stupefacenti sempre più lucroso e organizzato – fa si che possa inevitabilmente aggirare, infrangere, piegare ai propri interessi, le leggi dei singoli Stati in cui intende estendere i propri loschi affari.
Per far ciò ha assoluto bisogno dell’appoggio di questi poteri forti. Per rendersene conto basta osservare il comportamento delle multinazionali, dei colossi della finanza, degli operatori dell’economia globale. I principi che li guidano sono gli stessi di quelli mafiosi e la compatibilità e l’adattamento fra i due sistemi sono sostanzialmente analoghi. Una prova di quanto affermato: il contrabbando e tratta degli schiavi e i giovani che abbandonano il Sud non solo per la mancanza di lavoro ma perché non intravedono il futuro di questi territori.
Se rileggessimo gli scritti di Giovanni Falcone, ci tornerebbe a mente come, la mediazione di questi poteri forti era essenziale per le mafie ed era vista da queste ultime come il modo più sicuro, rapido ed efficiente di garantire rapporti finalizzati alla realizzazione del massimo utile possibile. Questo quarto livello, dunque, è molto più pericoloso del terzo e indubbiamente segna il passaggio per la ‘ndrangheta, non da ora, da dimensioni puramente localistiche e nazionali a un livello d’incidenza globale.
La ‘ndrangheta è diventata negli anni un soggetto politico ed economico di livello sovranazionale e la globalizzazione ha rappresentato un ottimo propulsore per la sua espansione. Sono sempre stato convinto che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino siano morti perché, probabilmente, avevano toccato i fili del livello internazionale e mediante le loro analisi finanziarie, complesse e profonde, erano arrivati a individuare quei “poteri forti” sovranazionali (penso alle indagini condotte con Carla Ponte in Svizzera). Furono, presumibilmente, uccisi perché quel livello sovranazionale una volta scoperto, avrebbe rivelato scenari impensabili e inimmaginabili per la pubblica opinione. Avrebbe svelato connessioni tra mafie e poteri militari, oligarchico-finanziari e politici collegati tra loro per scopi non di certo leciti.
Ci riprova oggi Nicola Gratteri cosciente che esista una mafia senza confini che spesso è influenzata da nuovi poteri forti anche a livello sovranazionale. Dobbiamo, pertanto, domandarci se siamo pronti a contrastare questa nuova dimensione delle mafie moderne come lo è oggi la ndrangheta. Dobbiamo chiederci se Gratteri sarà supportato dallo Stato, oppure sarà osteggiato. Ai posteri l’ardua sentenza!
* Vincenzo Musacchio, giurista, associato per il Diritto penale alla School of Public affairs and administration della Reuters University di Newark