«Scusatemi, ho mentito per 13 anni»: ha scritto così Gelare Jabbari, una ex presentatrice della televisione iraniana che si è dimessa due anni fa per etica personale. La tv di Stato iraniana, tanto per capire di cosa stiamo parlando, è la stessa che ci aveva raccontato della morte di 80 soldati USA durante un attacco alle basi militare in Iraq ed è la stessa che aveva raccontato di problemi tecnici in riferimento all’aereo ucraino partito da Teheran che invece era stato abbattuta da missili iraniani.
Anche l’associazione dei giornalisti di Teheran ha usato parole nette: «Ciò che mette a rischio la nostra società in questo momento non sono soltanto i missili o gli attacchi militari, ma la mancanza di media liberi. Nascondere la verità e diffondere bugie traumatizza l’opinione pubblica. Quel che è accaduto è una catastrofe per i media in Iran».
La credibilità della televisione iraniana non gode di molto successo nel Paese, il governo ha dovuto bloccare internet per una settimana per provare a controllare l’informazione e il fatto che Gelare Jabbari abbia pubblicato il suo sfogo sul proprio account Instagram spiega perfettamente come siano soprattutto i social a essere consultati dai cittadini per tenersi informati.
C’è però in quel «Scusatemi, ho mentito per 13 anni» tutta la forza di un messaggio dirompente che ribalta improvvisamente la realtà e deve essere stato un sollievo, per i molti critici contro il governo, accorgersi che ciò che credevano vero fosse vero nonostante le bugie di governo è una liberazione politica e sociale.
Immaginate se diventasse obbligatorio dire la verità, magari proprio per decreto di Stato e improvvisamente tutto si potesse spiegare. Immaginate se l’informazione fosse coerente ai fatti e non alla propaganda. Immaginate se i giornalisti esercitassero la propria etica senza essere servi di nessuno. Ecco, avete immaginato un Paese come dovrebbe essere, una democrazia sana. E non c’entra solo l’Iran.
Buon giovedì.