Il risultato delle elezioni amministrative in Emilia-Romagna e in Calabria ci regala una fotografia nuova dello scenario politico nel Paese. Non c’è dubbio che Salvini abbia registrato la sua prima sconfitta, nata da una serie di errori che è riuscito a mettere in serie uno dopo l’altro: una tracotanza senza precedenti, un comportamento provocatorio aggressivo e discriminatorio, una sfacciataggine finita per risultare antipatica a molti. Per certi aspetti un atteggiamento – se pensiamo alla citofonata al cittadino di origine tunisina accusato senza ragione di essere responsabile della “piazza” di spaccio del quartiere Pilastro a Bologna – anche violento e pericoloso.
Ma non solo. Pensiamo alla montatura mediatica costruita a Bibbiano, dove c’è stato chi ha messo da parte la politica per dedicarsi allo sciacallaggio, alla falsificazione della realtà operata e alle accuse infondate dirette al naturale percorso della giustizia. Eppure, proprio a Bibbiano si è consumata una delle sconfitte più brucianti per la destra, staccata di venti punti da Bonaccini. Una vittoria, quella nel comune simbolo di questa infuocata campagna elettorale, anche dello stesso Partito democratico che a sua volta ha staccato la Lega di dieci punti confermandosi davvero “il partito di Bibbiano”.
Per molti versi allora possiamo dire che ci troviamo di fronte ad una vittoria anche e soprattutto dei dem e del loro segretario Zingaretti. Non solo a Bibbiano, ma anche in Emilia Romagna il Pd si attesta primo partito assoluto, sopra la Lega, così come in Calabria, dove pur registrando la sconfitta netta del centro sinistra, si conferma la forza politica con il consenso più alto.
Se allora il “Conte 2” può far valere un merito è certamente, sempre dal punto di vista del Pd, quello di aver ridato in mano al principale partito del centrosinistra nel Paese il pallino del dibattito politico, quello che un tempo si sarebbe chiamato “discorso pubblico”. Solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile, mentre poco più di anno fa qualcuno parlava addirittura della fine dello schema “centrodestra – centrosinistra”, sostituito nel suo secondo polo dal Movimento 5 stelle, considerato l’unico antagonista alla destra sovranista di Salvini.
Proprio il Movimento 5 stelle segna invece, con questo passaggio elettorale, la fine della propria ascesa, costretto a fare i conti con: un corpo organizzativo disgregato, un leader dimissionario, la necessità di riformarsi e ripensarsi.
Infine, c’è il dramma della sinistra radicale, quella che un tempo poteva essere definita “sinistra d’alternativa”, che si ferma su percentuali irrilevanti, arrivando a poco più dell’1% sommando ben tre liste – L’altra Emilia, Potere al Popolo, Partito comunista – senza prendere alcun seggio e soprattutto rimando fuori dal dibattito politico. Se la lista più a sinistra, Emilia Romagna Coraggiosa, ecologista e progressista, in sostegno a Bonaccini raccoglie un discreto risultato, fuori dallo schema del centro sinistra coalizzato per fermare l’arroganza dell’ex ministro degli Interni le tre liste citate non trovano alcun spazio e consenso, incapaci di far valere il proprio ruolo.
Se il Pd è davvero il principale vincitore, lo è però non in quanto capace di proposte convincenti e forse, neanche per il buon governo del territorio che in questi anni è riuscito comunque a garantire. Chi ha vinto questa tornata è stato chi è riuscito a mettere in campo l’“organizzazione”, chi è riuscito a rimettere in moto un processo partecipativo che ha visto il coinvolgimento di migliaia e migliaia di uomini e di donne che si sono sentiti di nuovo partecipi.
Certo è importante sottolineare il contributo del movimento delle Sardine, ma è il ritorno dei corpi intermedi che segna il cambio di passo. Il partito come forza organizzativa, capace di coinvolgere, aggregare, trasformare l’elettore in protagonista attivo.
Ecco il compito della sinistra tutta, in particolare di quella incapace da troppi anni di ricostruire intorno a proposte e idee, una forza incisiva e riconoscibile. Ritorna quindi prepotentemente all’ordine del giorno, la necessità della ricostruzione di una soggettività politica ampia e inclusiva capace di interloquire con tutte le forze diffuse della sinistra: partiti, sindacati, associazioni, realtà organizzate. Senza veti, superando ogni ostacolo, rilanciando temi e proposte politiche, rimettendo in connessione le persone non attraverso la democrazia diretta, ma ricostruendo le organizzazioni come spazio di confronto e partecipazione attiva. Sta qui la chiave non solo per sconfiggere la destra nel Paese, ma anche per ricostruire uno spazio di sinistra che possa rappresentare un pezzo di società e contribuire a trasformarla, senza rischiare di essere fagocitata nei percorsi condivisi o di finire per rappresentare lo zero virgola alla prossima tornata elettorale.
* Lorenzo Ballerini è consigliere comunale a Campi Bisenzio (Fi) per la lista Campi a Sinistra