Prima o poi riconosceremo l’enorme valore civile ai portuali di Genova che ostinatamente sembrano essere gli unici a cui interessi davvero il rispetto della Costituzione e il rispetto della pace che ogni nazione (a parole) dice di volere perseguire. Con una conferenza stampa sabato i lavoratori del porto di Genova ci hanno fatto sapere che prossimamente arriverà la nave ‘Yanbu’ della flotta saudita Bahri, che serve la logistica degli armamenti, in quelli che Amnesty International definisce i conflitti “più sanguinari e combattuti fuori da qualsiasi convenzione internazionale”.
La cessione e il transito di armamenti è espressamente vietato dalla legge 185/1990 e già un anno fa i lavoratori del porto di Genova avevano scioperato per un cargo carico di armi. In realtà, forse ricorderete, si erano levate anche numerosi voci in Parlamento durante il primo governo Conte. Ricordate quelli che si dicevano scioccati dal fatto che un’industria in Sardegna rifornisca le armi per la guerra in Yemen? Non solo in Yemen, qui ci sono in ballo armi anche alla Siria del Nord e Libia.
Se tutto questo non bastasse c’è anche il mancato rispetto delle norme di sicurezza relative all’attracco e alla sosta in banchina di navi cariche di armi ed esplosivi. Insomma, un disastro completo.
Solo che qui da noi se ne occupa ogni tanto qualche trasmissione televisiva, c’è qualche tweet di qualche politico ma poi sembra che tutto continui senza nemmeno troppi scossoni. Sarebbe interessante sapere che ne pensa il ministro agli Esteri Luigi Di Maio, e magari sarebbe interessante anche sapere cosa ha intenzione di fare per la vicenda del giovane Patrick George Zaky sottoposto in Egitto alle stesse torture che ricordano Giulio Regeni.
Ma qui da noi di Yemen se ne occupano i portuali e degli studenti ammazzati se ne occupano i genitori. La politica, al massimo, e solo dopo, esprime cordoglio.
Avanti così. Buon lunedì.