Il sistema della democrazia rappresentativa in Italia è in crisi da anni. C’è una possibilità: ridare linfa vitale ai partiti attuando l’articolo 49 della Carta. Ecco la proposta avanzata dal giurista Luigi Ferrajoli: l’incompatibilità tra cariche di partito e cariche pubbliche

C’è un principio costituzionale la cui mancata attuazione è in gran parte responsabile della crisi della democrazia rappresentativa nel nostro Paese: il principio, stabilito dall’articolo 49 della Costituzione, secondo il quale i partiti sono le libere associazioni nelle quali «i cittadini hanno diritto di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Questo articolo non dice soltanto che i partiti sono i tramiti della mediazione rappresentativa tra istituzioni e società. Afferma ed impone molto di più. Stabilisce che i partiti sono i luoghi nei quali i cittadini concorrono essi stessi a determinare la politica nazionale. Secondo il ruolo disegnato dalla Costituzione, i partiti sono dunque – o meglio, dovrebbero essere – organi della società, deputati a organizzare, nella società, la rappresentanza politica: soggetti, in breve, rappresentati e non rappresentanti.

Questo radicamento sociale è stato un tratto distintivo dei partiti di massa della prima Repubblica, che pure non erano certo modelli di democrazia. Oggi quel radicamento è svanito. I partiti si sono, di fatto, statalizzati, identificandosi con il ceto politico eletto o che aspira a farsi eleggere nelle istituzioni rappresentative. Si sono trasformati, di fatto, in appendici dei loro capi, dai quali i cosiddetti “eletti” vengono in realtà selezionati; mentre i cittadini, anziché «concorrere a determinare la politica nazionale», sono ridotti a innocui spettatori che possono solo scegliere la formazione meno penosa offerta dallo spettacolo della politica. Per questo i partiti sono diventati le istituzioni più screditate.

Senza partiti tuttavia, come scrisse Hans Kelsen un secolo fa, la democrazia non può funzionare: l’ostilità ai partiti, egli aggiunse, equivale all’ostilità alla democrazia. Il futuro della democrazia dipende perciò da una riforma che dia attuazione al nostro articolo 49. Ebbene, una simile riforma non può che muovere dal riconoscimento di un’ovvietà: intanto i…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 14 febbraio

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