Spazio al processo creativo femminile. Che in architettura significa ideare spazi per gli esseri umani. Arte e tecnica in cui si esprime l’identità libera e personale della progettista, come ben dimostrano gli esempi di Zaha Hadid, Gae Aulenti e molte altre architettrici che hanno fatto la storia

«Es ist kein Mann! (Non è un uomo!) Sono le prime parole di Sigfrido nell’osservare le forme femminili che uscivano dalle armature che fino ad allora avevano protetto il corpo dell’amata…». Così Luciano Rubino inizia il suo libro Le spose del vento, che vuole rimediare e denunciare, per espressa intenzione del suo autore, «che i vari Argan-Banham-Dorfles-Hitchcock-Pevsner-ecc. non hanno voluto ricordare che “anche” gli esseri umani di sesso femminile producono artisticamente e fanno parte del genere umano…».
Era il 1979 e a quest’elenco oggi potremmo aggiungere ancora molti storici e critici dell’architettura.
Perdonatemi un piccolo inciso. Mi è capitato, leggendo il libro di Melania Mazzucco – qui intervistata – sulla storia della Plautilla Bricci, architettrice del 1600, di ricordare il nome di una strada che frequentavo nella mia adolescenza: via Basilio Bricci, non lontana da quel luogo dove un tempo sorgeva la villa poi detta il Vascello e la curiosità mi ha spinto ad andare a leggere la storia della toponomastica di Roma. Così ho potuto leggere che «via Basilio Bricci è quella strada che da via Alessandro Algardi giunge a via Andrea Busiri Vici, nel quartiere Gianicolense e ricorda l’architetto romano del XVII secolo che progettò la Villa del Vascello insieme alla sorella Plautilla». Nessun commento è necessario.

D’altronde sappiamo bene che il pensiero della cultura occidentale è permeato fin dalle sue origini dalla esaltazione della ragione e fondato sulla negazione della donna. Aristotele, Platone, Socrate ci definiscono maschio mancato, imperfetto, incompleto e la Bibbia ci raffigura come l’origine di tutti i mali del mondo, per la colpevole alleanza con il serpente. Questa millenaria negazione ha impedito che metà del genere umano realizzasse appieno la propria identità, in libertà ed indipendenza. Ed arriviamo così, senza soluzione di continuità del pensiero, fino al XX secolo: ricordiamo che in Italia sono poco più di settanta anni che possiamo votare, quaranta da quando è stato abolito il delitto d’onore, e solo venticinque da quando non siamo più – per la carta della legge – un oggetto, perché la violenza sessuale si è finalmente trasformata da reato contro la morale pubblica a reato contro la persona.

Tutto vero: il Logos occidentale ci opprime, nella storia dell’arte e dell’architettura la donna è stata per troppo tempo “dimenticata”; nelle facoltà di architettura il numero degli iscritti di genere femminile hanno superato da tempo quello degli uomini e a Roma si laureano più architette che architetti, ma più si salgono i gradini della rappresentatività nella vita pubblica e più diminuiscono le presenze femminili per scomparire, quasi, nelle posizioni apicali; se nel privato gli incarichi professionali appaiono quasi equamente distribuiti, nell’ambito pubblico, invece…

L’articolo prosegue su Left in edicola dal 29 maggio

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