Non basta una buona legge elettorale a disinnescare gli effetti negativi che derivano dalla riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari

Appare molto difficile l’avvio della campagna elettorale per il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari deciso dal Parlamento, soprattutto per via dell’accorpamento della data di svolgimento con le elezioni regionali e amministrative. La sforbiciata di deputati e senatori, se confermata alle urne, porterebbe i primi da 630 a 400 e i secondi da 315 a 200. Con una conseguente menomazione della rappresentatività di Camera e Senato e, pertanto, un arretramento della democrazia.

Per fare valere le ragioni del No, affinché tutto ciò venga scongiurato, bisognerà prima di tutto far crescere la qualità del confronto politico: non basterà, infatti, replicare al Movimento 5 stelle – principale promotore della riforma – su argomentazioni di modesto profilo. Non sarà sufficiente, infatti, contrapporsi alla logica di “adeguamento” utilizzata dalle forze politiche in Parlamento che si trovano opportunisticamente a promuovere le ragioni del Sì, e non basterà neppure cercare di isolare il M5s addossandogli la responsabilità esclusiva di questa operazione.

Emergono alcuni punti individuabili come dirimenti nel complesso ragionamento da portare avanti: la questione della rappresentanza dei cittadini; il tema del funzionamento delle Camere e più in generale delle istituzioni; il problema dei costi della democrazia. Molto si è detto e scritto su tali aspetti della faccenda. Oggi ogni parlamentare rappresenta 63.500 abitanti, con il taglio ne rappresenterebbe in media 100mila, col risultato che ognuno di loro avrebbe meno tempo per rapportarsi coi propri elettori e coi cittadini. Inoltre, è stato calcolato, tutto ciò porterebbe ad un risparmio che equivale a “ben” un caffè in più all’anno per ogni cittadino.
È necessario però riflettere più ampiamente su…

L’articolo prosegue su Left del 7-13 agosto

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