La creatività delle donne
Quando ammiriamo l’arte rupestre che risale agli albori della storia dell’umanità nelle grotte francesi o ad Altamira in Spagna siamo colpiti da una grande emozione e non solo perché la mano che l’ha creata è antica di migliaia di secoli, ma per l’idea, ormai confermata da più studiosi, che a creare tale meraviglia fossero delle donne. Ho sempre pensato che alcuni degli animali dipinti non fossero solo la riproduzione della figura osservata dal vero, ma esprimessero un’immagine dell’artista. Quel susseguirsi di musi di cavalli tutti diversi non era solo un tentativo di prospettiva, ma esprimeva il movimento di un solo animale e voleva raccontarci di un cambiamento interno, di un divenire che è proprio dell’essere umano. Si percepisce in quelle opere una grande libertà e vitalità nonostante la durezza della vita nell’era glaciale. Ma cosa è successo alla creatività delle donne nei secoli?
Esse agli albori dell’umanità riuscirono ad esprimere con le immagini il loro mondo interno, ma nei secoli recenti troviamo solo tracce della loro fantasia e libera espressione. Come ricorda Eva Cantarella né la cultura greca, né quella romana, né quella cristiana riconoscono alle donne il diritto al Lògos, la parola; è un privilegio solo degli uomini che hanno capacità razionali di pensiero mentre le donne ne sono prive per la loro naturale vicinanza al mondo irrazionale, quello degli affetti, delle immagini e dei movimenti senza parole. Il ruolo delle donne è stato, nel periodo del predominio della razionalità maschile, solo quello di moglie e madre. Alle donne era precluso lo studio e quando l’accesso alla cultura era concesso, nelle classi sociali più abbienti, veniva utilizzato a scopo di intrattenimento, in un contesto nel quale alla donna era riservata una funzione del tutto decorativa. La filosofa, matematica e astronoma Ipazia paga con la vita il suo amore per la scienza e, in epoche più recenti, alla fine del settecento la matematica Sophie Germain deve lottare contro i genitori ed assumere un’identità maschile per studiare matematica (è lei che pone le basi per la teoria dell’elasticità); agli inizi del Novecento Maria Montessori entra in contrasto con la famiglia perché si interessa di matematica, di biologia e si iscrive a medicina; Rosalind Franklin agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso frequenta Cambridge, ma non ottiene un titolo di studio perché non sono previste lauree per donne. Eppure il suo contributo scientifico è essenziale per la scoperta del Dna.
Agli inizi del secolo scorso Freud affermava che le donne non erano biologicamente adatte al pensiero creativo. Ancora nel 2005 il rettore di Harward, Lawrence Henry Summers, affermava che le donne sono «biologicamente svantaggiate» perché non hanno le stesse qualità innate dei maschi. Ancora per tutto il Novecento le donne hanno scarsissimo accesso all’istruzione di base e all’istruzione superiore. Solo negli ultimi decenni, per la prima volta nella storia, e non solo nei Paesi sviluppati, secondo i dati dell’Unesco, l’educazione secondaria e terziaria delle donne eguaglia e supera spesso il livello di educazione maschile. È una rivoluzione silenziosa, che cambia logiche e costumi consolidati. È una discontinuità con il passato, è un cambio di paradigma, un mutamento rapido e irreversibile che consolidandosi potrebbe portare ad una radicale trasformazione culturale e sociale. Il mutamento è molto più rapido della percezione che si ha di esso sia da parte delle donne che degli uomini i quali non sempre sono capaci di acquisire gli strumenti interiori per gestirlo. Gli uomini dovranno aprire gli occhi sull’identità umana delle donne e sull’oppressione e annullamento che la cultura ha operato su di esse per secoli, e le donne non dovranno percorrere stereotipi culturali per la mancanza di coraggio di essere libere e di pensare e immaginare con la propria mente un modo nuovo di rapportarsi agli uomini. Questo cambiamento culturale darà la possibilità alle donne di fare emergere la loro creatività, ma modificherà anche quella maschile non più condizionata dall’annullamento delle donne.