Il mondo fuori la chiama terrorista; alcuni la definirebbero una rivoluzionaria o un esempio. Nahr è rinchiusa in una prigione israeliana ed è la protagonista di Contro un mondo senza amore, l’ultimo libro di Susan Abulhawa. «È una figura simbolica della resistenza a qualsiasi oppressore»

Nahr è rinchiusa in isolamento nel Cubo, piccola prigione super-tecnologica di cemento armato. Condannata dagli israeliani per “terrorismo”. È da questo luogo-non luogo, che parte il racconto di Nahr, ormai con i capelli grigi. È lei la protagonista dell’ultimo libro di Susan Abulhawa Contro un mondo senza amore (edito da Feltrineli, traduzione di Giulia Gazzelloni).
La Nakba del 1948 e poi la Naksa del 1967, avevano condotto la sua famiglia in Kuwait, dove Nahr è nata e ha vissuto giorni felici, amici, mare, sole. Molte pagine sono dedicate a questo racconto, fino all’invasione irachena, poi la prima guerra del Golfo e una nuova fuga, fino alla Palestina, di cui non conosce nulla, se non vecchie storie di famiglia. Nella sua vita sperimenterà anche violenza e miseria, sempre con la forza di rialzarsi e di resistere, rifiutando qualsiasi etichetta, di prostituta come di rivoluzionaria…
Alla scrittrice e attivista umanitaria, autrice del romanzo Ogni mattina a Jenin, abbiamo rivolto alcune domande.

Contro un mondo senza amore: un titolo che mi piace moltissimo. Come lo hai pensato e qual è il suo significato per il libro?
Leggendo il libro si trova l’origine del titolo. L’ho preso da una riga di un saggio di James Baldwin, che Nahr e Bilal, combattente palestinese, leggono insieme. Infatti è Bilal che le fa conoscere gli scritti di James Baldwin e il titolo del romanzo è tratto da una frase di The Fire Next Time, pubblicato nel 1963, manifesto contro il razzismo negli Stati Uniti che invita a una sorta di amore politico dei neri «contro il mondo senza amore».

In questo romanzo anche più che nei precedenti, è una donna la protagonista, Nahr, che sperimenta violenza,  miseria e  finisce in carcere come “terrorista”. Una figura simbolica della storia della resistenza palestinese. Tu vedi le donne come spina dorsale della resistenza in Palestina, contro l’abituale narrazione dell’eroe maschio?
Non ho cercato di affermare una distinzione di ruolo delle donne e degli uomini nella resistenza e neanche di assegnare maggior peso alle donne. In tutti i miei romanzi cerco di raccontare storie dalla Palestina con…

L’articolo prosegue su Left del 23-29 ottobre 2020

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