L’ultima enciclica segna la ripresa dei rapporti della Santa sede con gli imam d’Egitto dopo la rottura provocata da Ratzinger con il “discorso di Ratisbona”. In essa si coglie l’intenzione di Bergoglio di rafforzare il ruolo politico internazionale della sua monarchia. E in questo progetto l’Italia fa da pied-à-terre

Per dirla con le parole di una nota canzone, ci si può fidare delle parole di un prete come di chi fa l’autostop in manette. La nuova enciclica di Bergoglio, “Fratelli tutti”, è solo a prima vista l’ennesimo concentrato delle solite banalità ad uso e consumo non solo dei cattolici, ma anche dei cattocomunisti, dei cattosocialisti e dei cattoatei (questi ultimi conosciuti anche come atei devoti). Procediamo con ordine. Le parole rivolte ai credenti, e dunque di stretta pertinenza fideistica, non appassionano e non sono oggetto della presente disamina. Per quanto vengano considerate come documenti di indirizzo spirituale, le encicliche sono documenti di indirizzo politico ed economico sulle quali la monarchia pontificia da sempre costruisce gli obiettivi a lungo termine della propria strategia di sottomissione delle masse.

“Fratelli tutti” richiama la mitologia costruita su Giovanni Moriconi, meglio noto come Francesco d’Assisi. Certe rotture “psicotiche” oggi troverebbero una cura psichiatrica e invece nel 1200 determinvano la gloria e la venerazione da parte dei credenti, ma questa un’altra storia. Quanto al fatto che Bergoglio si sia chiamato papa Francesco sembra più che altro una magistrale operazione di comunicazione, un processo di assimilazione finalizzato a sovrapporre il Francesco del 2020 sul Francesco del 1200.

Nell’enciclica, Bergoglio richiama una visita di Francesco d’Assisi al sultano Malik-al-Kamil e subito dopo, con l’intento di rafforzare il parallelismo, richiama il suo incontro con l’Imam Ahmad Al-Tayyeb. L’analisi politica del documento necessita di una puntualizzazione storica. Dire che l’incontro tra Francesco d’Assisi e il sultano si fosse svolto all’insegna dell’amore, è una grande mistificazione, dal momento che Francesco stava partecipando ad una crociata, ovvero una guerra di aggressione durante la quale la ferocia predatoria dei cristiani, legittimata eticamente dal papa che l’aveva commissionata, era particolarmente brutale. Francesco e il sultano Malik-al-Kamil si sono effettivamente incontrati e gli storici riferiscono che il sultano non ordinò la sua uccisione perché si rese conto, dal suo farneticare dissociato. Nella religione islamica i malati mentali hanno la “protezione” di Allah sicché il sultano lo lasciò tornare al campo dei cristiani e gli regalò un corno, ancora oggi custodito e venerato ad Assisi. Il piano di pace con il sultano fu elaborato, piuttosto, da…

L’articolo prosegue su Left del 6-12 novembre 2020

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