Il decreto del Conte II che modifica le leggi simbolo dell’era Salvini sull’immigrazione ne conserva in realtà le idee di base. A partire dalla criminalizzazione del salvataggio in mare, che va rifiutata in toto. Su questo serve una svolta netta, che non riguarda solo Roma ma l’Europa intera

La questione della migrazione si trova oggi di fronte a un triplice momento spartiacque, a livello globale, europeo e nazionale. È in discussione infatti, come abbiamo ricordato su Left del 20 novembre, l’applicazione a livello europeo dei Global compact per la migrazione e per i rifugiati, del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, mentre in Italia la Camera ha dato il via libera alla fiducia sul decreto Immigrazione, che avrà conseguenze che si estendono ben al di là del territorio nazionale, in quanto in esso vengono ridefinite le procedure in vigore in merito al salvataggio in mare.
Come è noto da molti anni ormai a tutti i cittadini italiani, l’Italia si trova a condividere, insieme ad altri Paesi, lo spazio delle frontiere esterne europee, con tutte le conseguenze che ne derivano, soprattutto in materia di salvataggio in mare. Non a caso, il testo di questo nuovo decreto-legge fa riferimento al Codice della navigazione che risale al 1942 nonché alla Convenzione di Montego Bay dell’1982. È dunque chiaro che le disposizioni in materia di immigrazione approvate alla Camera, la cui applicazione viene riconosciuta come di “straordinaria necessità ed urgenza”, avranno un impatto decisivo tanto sullo spazio del Mediterraneo centrale quanto sulle frontiere esterne, e dunque sull’Europa intera.
L’importanza a livello nazionale è poi resa ancor più evidente dal fatto che questo decreto-legge costituisce il primo tentativo di modifica dei decreti Sicurezza e Sicurezza bis promossi dal governo precedente. Tale sostituzione, a lungo attesa, è di enorme rilievo, se si considera che la risposta del precedente governo italiano alla crisi dei rifugiati e al controllo delle frontiere esterne ha coinciso di fatto col tentativo di importare il modello australiano di procedura offshore e delle politiche di detenzione (la Operation sovereign borders, nota come “Stop the boats”) e che il decreto Sicurezza bis è rimasto in vigore ben oltre la data di dimissioni del governo precedente.
In realtà, in tanti ci aspettavamo che questa operazione di emendamento arrivasse molto prima. Ci era parso inoltre essenziale che i decreti non venissero emendati ma che fossero riscritti completamente su basi diverse. Desta inquietudine il fatto che il nuovo decreto-legge abbia come base le idee dell’ex ministro degli Interni, Matteo Salvini. È nostra opinione che una legislazione nazionale sull’immigrazione in un Paese come l’Italia non possa che partire da basi diverse. Certamente, gli emendamenti riportano a una situazione più accettabile rispetto a quella dei decreti salviniani. Ma un ritorno al pre-Salvini non costituisce un passo avanti. Si torna a qualche anno fa. La questione in gioco nell’attesa modifica della legislazione nazionale sull’immigrazione era invece quella di cancellare completamente lo scempio provocato dal governo precedente, il quale, lungi dall’essere mosso dall’intenzione di occuparsi del fenomeno migratorio e di gestirlo, lo aveva invece utilizzato a scopo propagandistico per controllare i sentimenti, le decisioni e gli orientamenti dell’opinione pubblica. Il nostro…

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Le autrici: Caterina Di Fazio, dottoressa di ricerca in filosofia alla Sorbona, ricercatrice post-dottorato presso l’Università di Maastricht, è cofondatrice di Agora Europe; Giorgia Linardi, giurista specializzata in diritti umani e migrazioni, è referente per l’Italia e portavoce dell’Ong Sea watch


L’articolo prosegue su Left del 4-10 dicembre 2020

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