«Un uso indiscriminato del carcere come strumento di punizione porta inevitabilmente una maggiore insicurezza per i cittadini» osserva l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando. «La pena va trasformata in un’ottica di finalità rieducativa come indica la nostra Carta»

Il sovraffollamento in carcere è una questione annosa. Per questo l’Italia è stata condannata dalla Corte europea nel 2013. Con il Covid la situazione è ulteriormente peggiorata. Lo denunciano numerose associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e lo documenta ogni settimana Radio carcere dando voce ai detenuti attraverso Radio radicale.

Onorevole Orlando come si può e si deve intervenire per affrontare questa grave situazione?
Si può intervenire facendo quello che chiediamo da tempo: che si riprenda la riforma del sistema penitenziario che è rimasta appesa nel passaggio fra le due legislature nel 2018. Perché in quella riforma c’erano tutti gli strumenti per intervenire sul sovraffollamento senza provvedimenti di carattere eccezionale, ovvero senza “lotterie” che beneficiano alcuni in specifiche condizioni oggettive e magari penalizzano altri che in quel momento non hanno quei presupposti. Al contrario la  riforma era basata su un’idea di valutazione del percorso trattamentale e della possibilità di utilizzare pene alternative; il che coniuga la flessibilità e la congruità del trattamento alla certezza della pena. La pena non viene cancellata viene trasformata in un’ottica di finalità rieducativa come indica la Costituzione.

A questo proposito ormai è dimostrato che il tasso di recidiva si abbassa molto se la pena non è scontata “marcendo in cella”. È un interesse dello Stato recuperare pienamente la funzione rieducativa del carcere e conviene a tutti?
Io ho sempre sostenuto che la sicurezza non si garantisce con questo tipo di carcere. Tutti i passi che abbiamo fatto nella direzione di una più forte flessibilità dell’esecuzione della pena hanno dato frutti positivi a partire dalla messa alla prova, così come la possibilità di usufruire delle pene alternative. La reclusione è uno strumento rigido che impone un trattamento uguale a situazioni diverse. In altre parole c’è un effetto emulazione dentro il carcere e delle gerarchie criminali che dentro il carcere si esplicitano e si concretizzano che portano a una regressione, non a una educazione del detenuto.

Il carcere andrebbe abolito come hanno sostenuto figure autorevoli?
Io non credo che si possa abolire il carcere, ma ritengo che…


L’intervista prosegue su Left dell’18-24 dicembre 2020

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SOMMARIO

Direttore responsabile di Left. Ho lavorato in giornali di diverso orientamento, da Liberazione a La Nazione, scrivendo di letteratura e arte. Nella redazione di Avvenimenti dal 2002 e dal 2006 a Left occupandomi di cultura e scienza, prima come caposervizio, poi come caporedattore.