Abbiamo chiesto al professore emerito di Demografia, Massimo Livi Bacci, di aiutarci a capire quali possono essere le conseguenze della pandemia sui fenomeni migratori dall’Africa e non solo. E quali ricadute avrà sui Paesi d’origine e su quelli d’approdo il forte rallentamento dei flussi provocato dalle misure internazionali di contrasto alla diffusione del Covid-19

In questi lunghi mesi di emergenza sanitaria mondiale raramente le conseguenze provocate dalla pandemia sulle migrazioni e gli aspetti economici e sociali connessi ad esse hanno ricevuto le dovute attenzioni dai media e dalla politica. Il tema è stato sfiorato, o meglio scarsamente approfondito, all’inizio dell’estate quando improvvisamente ci si è resi conto che senza la manodopera straniera diversi comparti – dall’agroalimentare all’edilizia – sarebbero andati in default. Quindi si è attuata una mini sanatoria con alcuni pregi e diversi difetti di cui tanto abbiamo scritto su queste pagine. Però quando il campanello di allarme ha cessato di suonare non se ne è più parlato. Poiché noi siamo convinti che la questione migranti non si possa risolvere con soluzioni estemporanee, ci siamo rivolti a Massimo Livi Bacci, professore emerito di Demografia all’Università di Firenze, per cercare di allargare lo sguardo sul fenomeno nel suo complesso e analizzare gli scenari che si possono delineare a causa della pandemia.

Il Covid-19 ha causato un rallentamento generale della mobilità internazionale e quindi anche delle migrazioni. Quali possono essere le conseguenze economiche e sociali di questa situazione?
Sicuramente c’è stata una contrazione generale della mobilità internazionale che ha riguardato praticamente tutto il mondo, Africa inclusa. E questo rallentamento soprattutto nel secondo trimestre del 2020 è stato notevole. Sappiamo che le cause della diminuzione degli spostamenti sono varie. La prima è quella dovuta agli ostacoli che sono stati posti alla mobilità, dalle frontiere chiuse – compresa la sospensione del trattato di Schengen – al blocco di buona parte della migrazione stagionale (persone che si muovono più spesso rispetto ai migranti stabili). Il problema che secondo me si pone, prima di analizzarne le conseguenze, è se questo sia solo un fattore congiunturale.

Vale a dire?
Bisogna capire se la riduzione dei flussi migratori sarà un effetto “collaterale” temporaneo dell’epidemia, che pertanto cessata l’emergenza sanitaria si riassorbirà più o meno velocemente a seconda delle situazioni dei vari Paesi e delle loro politiche, oppure se quanto sta accadendo influirà anche sullo sviluppo delle migrazioni internazionali, cambiando la rotta e la prospettiva del fenomeno migratorio. Su questo secondo me si deve riflettere bene.

Perché è una questione da monitorare bene?
Perché se è un fenomeno congiunturale c’è sicuramente un danno in atto – come quello che in Italia ha determinato la sanatoria – ma c’è anche una possibilità di ripresa abbastanza veloce che in qualche modo ripari i danni provocati dal rallentamento dei flussi migratori. Se invece siamo in presenza di un…


L’intervista prosegue su Left del 23 dicembre 2020 – 7 gennaio 2021

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SOMMARIO

Scrivevo già per Avvenimenti ma sono diventato giornalista nel momento in cui è nato Left e da allora non l'ho mai mollato. Ho avuto anche la fortuna di pubblicare articoli e inchieste su altri periodici tra cui "MicroMega", "Critica liberale", "Sette", il settimanale uruguaiano "Brecha" e "Latinoamerica", la rivista di Gianni Minà. Nel web sono stato condirettore di Cronache Laiche e firmo un blog su MicroMega. Ad oggi ho pubblicato tre libri con L'Asino d'oro edizioni: Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro (2010), Chiesa e pedofilia, il caso italiano (2014) e Figli rubati. L'Italia, la Chiesa e i desaparecidos (2015); e uno con Chiarelettere, insieme a Emanuela Provera: Giustizia divina (2018).