Secondo i criteri fissati dal Parlamento europeo per ripartire le risorse a fondo perduto, al Sud dovrebbero essere investiti oltre 43 miliardi del Recovery fund. Ma la realtà è ben diversa. Ecco perché

Nel dedalo di avvenimenti politici che si susseguono incessanti si rischia seriamente di perdere il bandolo della matassa. Ripartiamo da quanto disposto dall’Europa a proposito del Recovery fund: «Gli Stati membri potranno beneficiare di un contributo finanziario sotto forma di un sostegno non rimborsabile. L’importo massimo per Stato membro sarà stabilito in base a un criterio di ripartizione definito».
Alle pagine 8 e 9 del regolamento, il Parlamento europeo fissa i paletti sui criteri di ripartizione delle risorse a fondo perduto del Recovery plan.

«Dovranno essere destinate maggiori risorse a quei territori con più residenti, con maggiore disoccupazione e prodotto interno lordo inferiore».
Seguendo i criteri europei, il governo Conte dei 209 miliardi del Recovery fund dovrebbe investire al Nord Italia il 21,20% dei 65,4 miliardi a fondo perduto previsti dal Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr); il 12,81% al Centro e il 65,99% al Sud.

Al Mezzogiorno dovrebbero pertanto andare 43,15 miliardi; al Centro-Nord, dovrebbero essere destinati 22,24 miliardi. Bisogna infatti considerare che se il Sud non soffrisse di un così grave stato di prostrazione, causato dalle politiche monoculari a favore del Nord degli ultimi governi, mai all’Italia sarebbero assegnati 209 miliardi, visto che il vero tema dell’azione europea è quello della diminuzione delle diseguaglianze. Questo quanto richiesto dall’Unione europea, ma la realtà che si sta preparando è ben diversa, visto che per il Mezzogiorno considerando l’inserimento anche di 21 miliardi del Fondo sviluppo e coesione (già dovuti), il piano “promette” solo il 50% degli investimenti pubblici, contro il 65,99% (al netto dei fondi aggiuntivi) indicato dall’Europa: è già iniziata la sottrazione.
Ad esempio, il nuovo documento di 160 pagine approvato dal Consiglio dei ministri, alla voce “porti” assegna un miliardo in più, ma equamente distribuito fra quelli del Nord e del Sud, ma mentre assegna ai porti del Nord il ruolo di scalo dei traffici mondiali relega la missione dei porti del Sud a turismo e traffici locali.
Accade così che la marocchina Tangeri diventi il primo porto merci del Mediterraneo, grazie al fatto che l’Italia, contro l’interesse nazionale, non investe nei porti italiani al centro del Mediterraneo, come Augusta o Gioia Tauro, per non parlare di Taranto. Porti di serie A e serie B, così come i cittadini, in base ai…

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L’autore: Natale Cuccurese è il presidente del Partito del Sud


L’intervista prosegue su Left del 22-28 gennaio 2021

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