Fino a poco tempo fa si urlava “l’Italia non si Lega”. Ora quella stessa Lega è al potere con quasi tutte le forze politiche. E guardando anche allo scenario europeo, rischiamo che Salvini diventi il vero socio forte del governo Draghi
Non è tempo di donare vaccini agli altri. Lo dice Draghi, nella sua prima uscita come presidente al Consiglio europeo. La questione, che lo vede in una posizione diversa da Macron, riguarda il programma Covax, cioè il fondo per i vaccini da destinare ai Paesi più poveri. Sentire questa posizione fa pensare a come la Lega non sia presente a caso nel governo. Una sorta di “prima gli europei”, in un momento in cui gli europei per altro sui vaccini non sono primi per niente. Nel Consiglio europeo si sono accese tensioni molto forti. Il meccanismo messo in opera dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen non sta funzionando come dovrebbe. Gli accordi con le multinazionali, a cui si è affidato tutto, fanno acqua da molte parti. In Germania Der spiegel ospita una critica molto forte a Merkel accusata di non avere una visione, di aver gestito ma non costruito, di subire una seconda ondata della pandemia che questa volta è molto pesante. Ancora più grave la défaillance sulla strategia vaccinale, perché la Germania era presidente di turno dell’Unione. E Von der Leyen è tedesca. Non una buona cosa per Merkel, ormai in uscita a settembre dopo 15 anni di cancellierato. Al Consiglio europeo Draghi lamenta i ritardi e le inadempienze, alzando anche la voce verso le case produttrici. Dice che bisogna guardare anche alle produzioni extra Ue. Che occorre ampliare le capacità produttive in casa. Un mix di cose che guardano a relazioni diplomatiche “aperte” in base alle esigenze vaccinali, ad attrezzare le produzioni industriali, a favorire accordi commerciali. Tutte cose, alcune anche parzialmente giuste, che arrivano tardi, confuse e che non affrontano il tema reale e che è la dipendenza che si ha dalle multinazionali a causa dell’assenza di industrie pubbliche e dei brevetti che non si ha la volontà, e la forza, di mettere in discussione. Tra pochi giorni, l’11 marzo, si discuterà al Consiglio Trips del Wto (l’organo decisionale dell’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, ndr) la proposta avanzata da alcuni Paesi di sospendere i brevetti. Ma non sembra che l’Ue sia propensa ad accettarla. Nel “prima l’Europa” di Draghi – accompagnato da diplomazia vaccinale e accordi produttivi facilitati alle multinazionali – c’è una linea diversa. Una sorta di sovranismo europeo che riconosce il predominio delle multinazionali e si concede relazioni diplomatiche utilitaristiche. Una linea che già alcuni Paesi, come l’Ungheria, ma anche la Serbia, stanno seguendo. Una linea che cerca di tappare le falle aperte nel Titanic Ue al secondo scontro con un iceberg in pochi anni. Quello della pandemia, dopo la montagna ghiacciata della crisi finanziaria. Una linea che la Lega può sostenere e gestire. A cui può prestare le sue forze. Una Lega che rischia di diventare il vero socio forte del governo. Un governo che certamente non lascerà il panorama politico italiano, ma anche europeo, immutato. Colpisce che una personalità attenta come Enrico Letta si spinga a considerare positiva un’entrata della Lega nel Gruppo  popolare europeo, dove, per altro, fino a ieri si sarebbe ricongiunta con Orbán. Che ora invece, notizia dell’ultima ora, ha deciso di uscirne, anche per il fuoco di fila aperto contro di lui.

La linea dello sdoganamento sembra non cogliere come nella crisi drammatica che sta vivendo l’Europa questo più che una normalizzazione possa riecheggiare una sorta di giolittismo, con le élite che stringono…


L’articolo prosegue su Left del 5-11 marzo 2021

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