Un 25 aprile triste per i 130 morti in mare a causa di uno scarica barile tra autorità europee e libiche. La festa della Liberazione di quest’anno è anche ricordare gli ultimi, quelli che rischiano la loro vita e quella dei propri familiari per un futuro migliore. Il ricordo della Liberazione dal giogo nazifascista che tanta sofferenza ha portato agli italiani - con le leggi razziali, con una guerra all’insegna della presunta superiorità di una “razza”, con l’oppressione di alcuni esseri umani su altri, con lo sterminio di vite nei campi di concentramento, le persecuzioni, le rappresaglie, gli eccidi - può benissimo essere paragonato alla colpevole indifferenza di chi lascia morire in mare esseri umani che per quasi due giorni hanno chiesto aiuto. Nessuno ha risposto alle richieste di “alarm phone” (la piattaforma che segnala i migranti in pericolo nel Mediterraneo) lasciando che prevalesse la disumanità colpevole sull’umanità solidale. Si può essere assassini con condotte attive, ma lo si può essere anche con condotte omissive. In un periodo di grande disinformazione è necessario studiare la storia e mantenerne salda la memoria, per celebrare degnamente la Liberazione. È altrettanto necessario attualizzarla anche ai nostri giorni. Con la Liberazione abbiamo ottenuto il diritto di poter manifestare il nostro pensiero, di abbracciare una religione piuttosto di un’altra, di votare liberamente, di essere liberi di circolare senza discriminazioni di alcuna natura e senza il pericolo di essere imprigionati o uccisi per quello che scriviamo o pensiamo. Riflettiamo contestualizzando tutte le nostre conquiste e poi domandiamoci criticamente: siamo sicuri di essere stati completamente liberati? Le regole che stiamo osservando sono realmente al servizio dell’uomo o piuttosto l’uomo ora è asservito alle regole. Le perversioni dell’economia egoistica, della salute calpestata, della socialità dell’asservimento al più forte, dell’uomo come mezzo e non come fine, della natura stuprata, della politica corrotta, ci rendono veramente liberati? Gli Stati dovrebbero essere a servizio del bene dell’umanità: è realmente così oggi? Celebriamo il ricordo come è giusto che sia, ma nelle celebrazioni non guardiamo solo al passato, ma viviamo il presente e soprattutto costruiamo il futuro nel rispetto pieno dei diritti fondamentali della persona umana. * L'autore: Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E' ricercatore dell'Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.

Un 25 aprile triste per i 130 morti in mare a causa di uno scarica barile tra autorità europee e libiche. La festa della Liberazione di quest’anno è anche ricordare gli ultimi, quelli che rischiano la loro vita e quella dei propri familiari per un futuro migliore.

Il ricordo della Liberazione dal giogo nazifascista che tanta sofferenza ha portato agli italiani – con le leggi razziali, con una guerra all’insegna della presunta superiorità di una “razza”, con l’oppressione di alcuni esseri umani su altri, con lo sterminio di vite nei campi di concentramento, le persecuzioni, le rappresaglie, gli eccidi – può benissimo essere paragonato alla colpevole indifferenza di chi lascia morire in mare esseri umani che per quasi due giorni hanno chiesto aiuto.

Nessuno ha risposto alle richieste di “alarm phone” (la piattaforma che segnala i migranti in pericolo nel Mediterraneo) lasciando che prevalesse la disumanità colpevole sull’umanità solidale. Si può essere assassini con condotte attive, ma lo si può essere anche con condotte omissive. In un periodo di grande disinformazione è necessario studiare la storia e mantenerne salda la memoria, per celebrare degnamente la Liberazione. È altrettanto necessario attualizzarla anche ai nostri giorni.

Con la Liberazione abbiamo ottenuto il diritto di poter manifestare il nostro pensiero, di abbracciare una religione piuttosto di un’altra, di votare liberamente, di essere liberi di circolare senza discriminazioni di alcuna natura e senza il pericolo di essere imprigionati o uccisi per quello che scriviamo o pensiamo. Riflettiamo contestualizzando tutte le nostre conquiste e poi domandiamoci criticamente: siamo sicuri di essere stati completamente liberati? Le regole che stiamo osservando sono realmente al servizio dell’uomo o piuttosto l’uomo ora è asservito alle regole.

Le perversioni dell’economia egoistica, della salute calpestata, della socialità dell’asservimento al più forte, dell’uomo come mezzo e non come fine, della natura stuprata, della politica corrotta, ci rendono veramente liberati? Gli Stati dovrebbero essere a servizio del bene dell’umanità: è realmente così oggi? Celebriamo il ricordo come è giusto che sia, ma nelle celebrazioni non guardiamo solo al passato, ma viviamo il presente e soprattutto costruiamo il futuro nel rispetto pieno dei diritti fondamentali della persona umana.

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L’autore: Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, è associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). E’ ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. E’ stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.