Al di là del Recovery fund, si può uscire dalla pandemia con interventi dello Stato mirati sulla giustizia sociale. Affrontando alla radice le disuguaglianze. I tempi, insomma, sono maturi per una patrimoniale. Tanto più che l’idea è stata proposta anche dalla rivista Lancet

S’intravede la possibilità – finalmente – di uscire dallo “stato di emergenza” creato dalla pandemia. Inoltre, la settimana prossima vedrà la luce il Piano nazionale di ripresa e resilienza da cui ci si aspetta miracoli. Ma servono miracoli di matrice Ue? No: servono “normali” politiche redistributive e politiche a tutela all’ambiente, come se ne trovano in vari Paesi europei. L’obiettivo delle politiche pubbliche future deve essere quello di promuovere la giustizia e l’inclusione sociale. Secondo l’Istat, la povertà assoluta è cresciuta tra il 2019 e il 2020 di un milione di unità, e riguarda ormai 2 milioni di famiglie e 5,6 milioni di persone. Dalla pandemia si può uscire “migliori”: dipende da noi e dalla nostra capacità di ripensare l’intervento pubblico nel contesto multilivello europeo. Che si faccia pure affidamento sul Recovery fund, ma non dimentichiamoci che – data la distribuzione delle competenze potestative – gli interventi più importanti possono e devono essere adottati a livello nazionale.

La disuguaglianza, nelle sue varie forme, e il cambiamento climatico sono i temi più rilevanti degli ultimi anni. Intorno a questi, è indispensabile costruire un’agenda per il cambiamento incentrata su tre obiettivi: redistribuire la ricchezza, (re)distribuire il lavoro, proteggere (davvero) l’ambiente. Da molte parti, si lamenta la grande concentrazione della ricchezza, accentuatasi a livello globale durante l’anno della pandemia: secondo Oxfam, tra il 18 marzo e il 31 dicembre 2020, la ricchezza dei miliardari ha registrato un’impennata di ben 3.900 miliardi di dollari, arrivando a toccare quota 11.950 miliardi.

I dati sono impressionanti. Purtroppo, però, se sulla diagnosi (“disuguaglianza eccessiva”) c’è un consenso crescente, sulla prognosi (“dobbiamo fare qualcosa”) vince la retorica. Perché mai non aggredire il problema alla radice e ipotizzare una redistribuzione della ricchezza – soprattutto alla luce dell’allargamento della forbice tra ricchi e poveri causata dalla pandemia? Diverse istituzioni internazionali, un tempo particolarmente silenti sul punto, denunciano i pericoli della “crescita diseguale” e l’incremento della diseguaglianza. Anche le riviste non specializzate invocano interventi radicali: in un recente editoriale della rivista Lancet si propone a livello mondiale una patrimoniale del 2 per cento sulla ricchezza – sulla scorta di una proposta di Thomas Piketty.
Pensare di poter raccogliere risorse, in tempi rapidi a livello mondiale, pare molto ingenuo perché di difficile realizzazione. Si potrebbe, piuttosto, fare proposte mirate a livello europeo – sebbene anche a questo livello una tale decisione rischierebbe di non venire mai presa. La strada più veloce (e relativamente efficace) sarebbe di…


Il reportage di Zolin da Istanbul prosegue su Left del 23-29 aprile 2021

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