Il governo ha tagliato 1,5 miliardi destinati all’istruzione dal Piano di ripresa. Inoltre non c’è alcun riferimento ai presidi sanitari necessari per una didattica in sicurezza. E si prospetta una riforma che renderà le classi ancora di più il “vivaio di Confindustria”

Cosa si aspetta da #NextGenerationItalia Priorità alla scuola (Pas) è quasi banale: si aspetta che venga data priorità alla scuola. Una scuola in presenza e in sicurezza, dotata di presidi sanitari per portare la sanità laddove sono cittadine e cittadini; stabile e stabilizzata con l’assunzione dei precari storici, perché è nell’acqua alta, cioè nel vivo della didattica, che si impara a nuotare, non nei corsi di formazione; in cui ci siano spazi adeguati alla didattica, che le classi pollaio non sono; inserita in un territorio che, a partire dai trasporti, garantisca la sicurezza in condizioni di pandemia, e la dignità in condizioni normali, che non è tutelata in bus e treni locali stipati come carri bestiame.
Su questo, Pas ha elaborato, davanti al Piano nazionale ripresa e resilienza del governo Conte, un documento critico, che quantifica voce per voce le risorse necessarie per la riduzione delle classi, l’adeguamento e messa in sicurezza degli edifici, l’assunzione di personale necessario alla riduzione del sovraffollamento e al dimensionamento dei plessi, e l’adeguamento dei salari. Un investimento di circa 38,2 miliardi, che produrrebbe più di 206mila posti di lavoro, rispetto al quale il Piano di Conte proponeva solo 28,5 mld, dei quali la metà erano nei fatti finanziamenti alle imprese, a vario titolo.
Da Conte a Draghi cosa cambia? Ben poco, e quel che c’è di nuovo è peggiore rispetto al precedente Piano. Sul piano contabile, da Conte a Draghi il settore istruzione perde 1,51 miliardi; un taglio mascherato col banale trucco dello spostamento dei 3,90 mld per la messa in sicurezza degli edifici scolastici nella voce “istruzione” (in precedenza era inserita in “rivoluzione verde e transizione ecologica”), dove però erano 6,37 mld: quindi 2,47 in meno. In totale, per la messa in sicurezza, la costruzione di nuovi spazi e l’adeguamento tecnologico ci sono circa 6 miliardi: meno di un terzo del necessario, stando ai conti di Pas. Scorrendo le voci, nulla che lasci pensare all’attuazione di presidi sanitari – infermerie scolastiche con personale medico-infermieristico – nel bilancio Istruzione, men che meno nella “missione” Salute (una delle sei previste nel Piano, ndr): dove la versione definitiva attesta un taglio di oltre 4 mld rispetto alla bozza presentata alle Camere a marzo.
Dal dettaglio al quadro generale, quale scuola è prefigurata dal Piano Draghi? Per comprenderlo bisogna partire dall’assenza di qualsivoglia critica dei reali processi che hanno determinato la crisi pre-Covid accresciuta dalla pandemia: le passate politiche scolastiche sono stigmatizzate solo per il taglio delle risorse, non per i loro disegni intenzionalmente regressivi di penalizzazione dell’istruzione pubblica. Così come la crisi occupazionale, in particolar modo dell’occupazione femminile, giovanile e meridionale: il Piano Draghi-Von der Leyen non prova neanche…

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L’autore: Girolamo De Michele è insegnante, fa parte del movimento “Priorità alla scuola”


L’articolo prosegue su Left del 30 aprile – 6 maggio 2021

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