La Rai, la linea editoriale e la telefonata, i partiti che hanno nominato i vertici dell'azienda, l'intervento di Michele Bravi sull'uso delle parole... Ci sono tanti aspetti che vale la pena di approfondire dopo l'intervento del rapper al concerto del Primo maggio

Proviamo a rimanere nel merito delle cose al di là di Fedez perché ci sono aspetti che vale la pena approfondire.

Quei vertici Rai sono stati nominati dal primo governo Conte: quindi Conte, M5s e Lega. Questo significa che se sentite qualcuno di questi lamentarsi delle nomine politiche in Rai senza avere il coraggio di dire almeno “abbiamo nominato persone che ora non ci piacciono più” manca un bel pezzo di onestà intellettuale. Scaricare la responsabilità solo sui dirigenti Rai assolvendo i politici che li hanno nominati è banale e superficiale.

Poi: ci sta che una rete televisiva chieda che tipo di interventi abbiano intenzione di fare gli ospiti. Questa si chiama linea editoriale, se solo ci fosse il coraggio di una linea editoriale (che infatti non c’è, ora ci arriviamo). Se un giornale non pubblica un mio pezzo perché non ha intenzione di parlare di quell’argomento o perché non condivide il mio punto di vista non è censura: è linea editoriale. I teatri che non comprano i miei spettacoli non mi stanno censurando: non gli piaccio. Qui il tema è un altro: a quanto pare l’unica linea editoriale della Rai è quella di preservare i politici da affermazioni pubbliche (e pubblicate) che loro stessi hanno fatto. I dirigenti Rai ci dovrebbero spiegare quindi quale sia la linea editoriale: è solo quella di “non fare i nomi dei politici”? Beh, allora per una linea editoriale così non servono nemmeno dirigenti, basta un algoritmo.

Poi: c’è una bugia di fondo. Il comunicato stampa della Rai subito dopo il concerto del primo maggio è falso, dice cose non vere. Può un’azienda pubblica affermare il falso? Anche questo è un bel punto. Qualcuno fa notare che la Rai sia stata smascherata rendendo pubblica una telefonata privata: quello che è giusto non è sempre legale (avere uno schiavo era legale, per dire) e quello che è legale non è sempre giusto (l’adulterio della moglie era previsto come reato ed era punibile con la pena di morte per mano del marito o dei familiari maschi). La faccenda di quella telefonata verrà nel caso affrontata in un tribunale ma che la Rai abbia detto il falso è una questione che invece ci interessa, eccome. Ci sono responsabilità enormi, ne vogliamo parlare?

Poi: Fedez non è un politico, prende posizioni su questioni politiche come accade a tutti. Di solito la maggior parte lo fa in ufficio o al bar (o dietro l’anonimato su un social) e lui ha deciso di farlo su un palco. Fedez non lo vota nessuno e sicuramente ha perso una fetta di pubblico per le sue posizioni: non si compra il disco di un cantante che non ci piace per convergenze politiche ma facilmente si smette di seguirlo se dice cose che non ci piacciono. Chi pensa che un artista prenda posizioni per “pubblicità”, soprattutto in un momento in cui è molto popolare, non ha capito molto il costo di prendere posizione in Italia. Discorso diverso per gli artisti di cui ormai non si ricordava più nessuno e che non avevano più mercato che si intestano battaglie (spesso demenziali) per provare a recuperare un po’ di briciole.

Infine, al concerto del primo maggio nella discussione generale si è perso l’intervento di Michele Bravi che dice: «È bello essere qua a celebrare e onorare i lavoratori, quelli dello spettacolo oggi più che mai. Volevo fare una piccola riflessione. In questi giorni si è parlato tantissimo dell’uso delle parole e qualcuno ha anche detto che l’intenzione è molto più importante delle parole che si usano» (ha premesso Bravi, facendo chiaramente riferimento al monologo di Pio e Amedeo). «Una cosa da cantautore la voglio dire. Uso le parole proprio per raccontare la visione creativa del mondo e per me le parole sono importanti tanto quanto l’intenzione. Le parole scrivono la storia. Anche quelle più leggere possono avere un peso da sostenere enorme. Ci ho messo tanti anni a trovare le parole giuste per raccontare il mio amore per un ragazzo e per me è un onore farlo adesso qua, su questo palco. Grazie a voi di avere ancora voglia di ascoltare gli artisti, di dare il giusto peso alle parole». Anche questa è una riflessione che conta a proposito del Ddl Zan.

Buon lunedì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.