Col governo Draghi avremmo dovuto provare ad immaginare un futuro lontano dal mondo di prima. Invece Salvini oggi ritira fuori i migranti, M5s e Pd sono frenati da problemi interni e da un'alleanza che non decolla, Meloni all'opposizione è tutta concentrata sulla sua “operazione simpatia”

Fate uno sforzo di memoria e tornate ai primi giorni di questo governo Draghi, quando (giustamente) tutti i partiti e tutti i commentatori sottolineavano l’importanza di un dibattito ampio, complesso, approfondito e visionario sul Paese che ci si ritrova a costruire dopo la pandemia e con una disponibilità economica inimmaginabile. Perfino la crisi di governo, al di là della sensibilità politica di ognuno, sembrava poca cosa rispetto alle decisioni da prendere. Dicevano tutti, più o meno strumentalmente, che non avremmo dovuto concederci di “volare bassi” e che avremmo avuto la responsabilità di immaginare un futuro lontano dal mondo di prima.

Fatto? Bene, ora tornate qui. Di Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, si parla poco, pochissimo, l’argomento è diventato tutt’altro che popolare e rimane relegato ai volenterosi specialisti che alacremente lo studiano, senza rientrare nei palinsesti televisivi e senza nemmeno sfiorare le bocche dei leader politici. E di cosa parla in questi giorni?

Salvini sta ritirando fuori i migranti. Quasi esaurita la polemica sul coprifuoco (ora succederà inevitabilmente che grazie ai vaccini i contagi scenderanno e il leader leghista rivenderà come vittoria personale una naturale evoluzione delle cose) adesso il senatore del Carroccio si butta di nuovo sugli immigrati con le solite parole, la solita retorica, la solita propaganda. Sempre la stessa storia, insomma.

Giorgia Meloni è tutta concentrata sulla sua “operazione simpatia”. Il suo libro è solo uno dei tanti ingredienti di qualcosa che abbiamo già vissuto ciclicamente (vi ricordate esattamente 5 anni fa il libro di Salvini con le solite polemiche identiche a quelle di questi giorni?) e il fatto che anche certa stampa presunta progressista l’abbia sdoganata è piuttosto indicativo. Di futuro, poco e niente, tutto marketing.

Il M5s ha il piccolissimo problema di non avere un capo politico legittimato (a meno che non basti l’unzione di Grillo), di non avere l’elenco dei suoi iscritti e di essere nel pieno di una battaglia legale con chi gestiva la sua piattaforma.

Il Pd è tutto concentrato a gestire un’alleanza con il M5s di cui non si capisce il senso. A meno che i democratici non ritengano ancora Conte “il punto di riferimento dei progressisti”, vista la dubbia convergenza sui temi che contano pare che per ora l’alleanza si esplichi soprattutto sul peso dei veti di uno sull’altro. Non un gran sviluppo, per ora, se è vero che Appendino a Torino ha detto di non avere intenzione di appoggiare il Pd, a Roma il M5s sta andando dritto per conto suo (bloccando nel frattempo Zingaretti) e a Milano sarà tutto da vedere. Futuro? Pochino.

Ma concretamente, pensateci, di cosa si sta parlando? Si sta parlando del ponte sullo Stretto. Ancora, nel 2021. Cadono le braccia solo a scriverlo. Siamo ancora qui. Anzi, siamo ancora lì, a immaginare un futuro che è lo stesso futuro da decenni. Si potrebbero ripescare gli stessi editoriali di 10 anni fa e funzionerebbero ancora. Eccoci qui nel pieno splendore del dibattito sul futuro.

Buon mercoledì.

Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.