«Non serve sperare due, quarantotto o settantadue ore. Denuncia immediatamente la sparizione forzata. Le prime ore sono cruciali per ritrovare le persone scomparse». La comunicazione di crisi dell’Unità di ricerca dei desaparecidos (Ubpd) mostra le conseguenze dell’abdicazione della politica in Colombia, incapace di leggere la portata epocale del “Paro nacional” (Sciopero nazionale), che nella figura del presidente Iván Duque ha deciso di demandare alle forze di polizia il confronto con il conflitto sociale.
La convocazione in piazza del Comitato per lo sciopero nazionale, composto dai principali sindacati, è stata alle nove del mattino del 28 aprile al Parco nazionale di Bogotá. Da quel giorno milioni di persone hanno invaso le strade in pressoché tutte le municipalità della Colombia e all’estero, da Times Square al Colosseo, si sono moltiplicati i cortei di solidarietà. Il Comitato aveva chiesto al governo di non far intervenire i temuti battaglioni dell’unità speciale anti sommossa Esmad, di cui da tempo le organizzazioni per i diritti umani domandano lo scioglimento, che invece ha preso la scena.
Mentre scriviamo non è ancora possibile trarre un bilancio definitivo delle vittime. L’istituzione statale Defensoría del Pueblo ha accertato la morte violenta di 25 civili sotto i trentasei anni di età, e di un capitano di polizia; mentre sono 963 le detenzioni arbitrarie e 548 le sparizioni forzate, quindi i desaparecidos. Secondo l’Ong Indepaz i feriti tra i manifestanti sono almeno 1220. Le denunce di violenza sessuale perpetrata dai poliziotti sono dodici. «Non avevamo mai assistito a una repressione tanto dura e sistematica della protesta in larga parte pacifica – testimonia da Bogotá il sociologo Dario Sendoya -. A Cali c’è stata la guerra totale con il maggior numero di morti. Tutte le notti succedono cose difficili da decifrare. Le autorità hanno avuto molta paura del movimento che mette in discussione la gestione del potere».
La protesta, dall’anima eterogenea e priva di un leader riconoscibile, non è dunque arretrata e ha raggiunto a caro prezzo l’obiettivo del ritiro dell’ipotesi di riforma tributaria, firmata dal dimissionario ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla, già membro nell’esecutivo dell’ex presidente Álvaro Uribe. Quest’ultimo non ha esitato a definire legittima l’attività repressiva per il ripristino dell’ordine pubblico. Le domande fondamentali per comprendere fino a dove si spingerà la reazione militare sproporzionata, denunciata dalle Nazioni Unite e da Amnesty international, sono due: chi ha l’autorizzazione di…
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