Dallo sfruttamento dei lavoratori alla predazione di risorse ambientali ed energetiche di matrice razziale, all’emarginazione delle donne e degli immigrati: da sempre il capitale si fonda sul saccheggio e la discriminazione dice la filosofa politica. E ora i più deboli «sono gli ultimi della fila per la vaccinazione, se mai la otterranno»

Punto di riferimento costante del pensiero critico, delle lotte sociali e politiche contro il capitalismo e dell’attivismo femminista, Nancy Fraser non si sottrae alla «tempesta perfetta» che oggi si sta abbattendo su di noi. Il Covid ha gettato una luce abbagliante sul nostro mondo, rendendo inconfondibili le forze che lo attraversano, e tendendone fino al punto di rottura le contraddizioni endemiche. Certo, non manca nel lessico comune una consapevolezza del momento critico che oggi, ma forse già da decenni, stiamo affrontando. E tuttavia la parola “crisi” è «spesso usata in modo approssimativo». In questa ampia intervista, la filosofa, docente alla New school for social research a New York, chiarisce la profondità e la complessità di un concetto strutturale nella sua comprensione della realtà.

«La mia definizione di crisi – ci spiega – rimanda a un sistema sociale strutturalmente auto-destabilizzante a causa dei suoi imperativi contraddittori», proprio come il capitalismo, il quale mina alla base le proprie condizioni di esistenza, oltre a rendere difficile, e perfino impossibile, la nostra vita. E non si tratta solo delle contraddizioni economiche che già Marx ha rivelato. Espandendo l’analisi, «è possibile osservare come il capitalismo minacci le stesse condizioni ecologiche di cui necessita per continuare a organizzare la produzione in modo redditizio; come esso indebolisca i poteri pubblici e le istanze regolative che gli permettono di funzionare; come esaurisca le capacità sociali delle persone di cooperare e prendersi cura l’una dell’altra». Ecologica, politica, sociale: tre contraddizioni che segnano carsicamente ogni dimensione riconfigurata dal capitalismo, e che «il sistema normalmente trova il modo di aggirare o stemperare». Ci sono però momenti «in cui il sistema non è più in grado di contenere le proprie contraddizioni»; momenti in cui le crisi raggiungono una fase acuta e impossibile da mitigare. «Quando tutte queste tendenze convergono e si esacerbano a vicenda, si ha quella che io chiamo una “crisi generale”». E se già prima si poteva parlare di una crisi generale acuta, oggi «la pandemia di Covid rende tale evidenza inconfondibile».

Alcuni sostenevano che tutto sarebbe cambiato con questa pandemia. In realtà, sembra che essa stia accelerando fenomeni preesistenti. E ora che vari problemi emergono, le analisi politiche tendono a osservare il Covid come unica causa, senza interrogarsi troppo sull’eventualità che la pandemia stessa sia un effetto di più profonde contraddizioni, che essa non fa che acuire. In che modo le contraddizioni del capitalismo si sono rese più evidenti. Per esempio, c’è una correlazione tra la pandemia e la crisi ecologica?
Questa pandemia è una tempesta perfetta di irrazionalità e ingiustizia capitaliste. Essa ci offre una definizione da manuale di quanto il sistema capitalistico sia incline alla crisi e di quanto esso sia invivibile. La contraddizione ecologica del capitalismo è…


L’articolo prosegue su Left del 14-20 maggio 2021

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