Ha appena inviato alla Commissione europea «un lungo documento» in materia di tutela penale dell’ambiente. E sullo stesso argomento a giugno 2020 ha anche presentato una proposta di legge. Raffaele Guariniello, il magistrato noto per il processo ThyssenKrupp e il processo Eternit, continua a darsi da fare sul tema della sicurezza del lavoro e dell’ambiente. «Non serve piangere o scoraggiarsi, bisogna agire», dice. E aggiunge: «Rimango colpito da eventi come quello di Stresa o di Prato, ma sono amareggiato ogni volta che riascolto le consuete parole d’ordine, anche in sede istituzionale, sulla necessità di fare cultura della prevenzione e della sicurezza».
Per la sua esperienza maturata in tanti anni di inchieste e per la sua conoscenza delle norme a tutela della salute dei lavoratori, comprese quelle sull’emergenza Covid (v. Left del 30 ottobre 2020) abbiamo chiesto la sua opinione nel momento in cui, con l’accelerata del Piano nazionale di ripresa e di resilienza e l’obbligo di “fare in fretta” per la ripartenza dell’economia, è grande il timore di un allentamento nella difesa della salute dei lavoratori. «Non c’è bisogno del Pnrr per trovarsi in una situazione allarmante – risponde – perché prima del Piano, purtroppo, abbiamo dovuto registrare una grave carenza di sicurezza, gli infortuni continuano a capitare e soprattutto persistono le cause profonde di questo fenomeno», dice il magistrato.
Sono due le cause: «La prima è la grave crisi degli organi di vigilanza, sia l’Ispettorato nazionale del lavoro, sia le Asl che sono state un po’ abbandonate a se stesse. E questo ha significato carenza di organici e carenza di professionalità. La seconda è la crisi della giustizia penale, un fenomeno che sto sottolineando da anni. E cioè il fatto che i processi penali in materia di sicurezza in ambienti di lavoro e di vita o non si fanno proprio o si fanno, ma purtroppo con una tale lentezza, che molto spesso finiscono con la prescrizione dei reati come omicidio colposo, lesione colposa e anche disastro colposo». Le norme, continua Guariniello ci sono, e buone, ma rimangono scritte sulla carta e non trovano concreta applicazione. Il risultato è, da un lato, il diffondersi di una tendenza tra le imprese a pensare che queste norme «si possono impunemente violare» e dall’altro, «un senso di ingiustizia negata tra le vittime e tra i parenti delle vittime».
Di fronte a questa carenza della giustizia penale che incide sul senso collettivo della garanzia dei diritti, il Pnrr apre uno spiraglio? «Ho letto più volte tutto il Piano cercando delle soluzioni. Si sottolinea l’esigenza di intensificare l’azione di vigilanza contro il fenomeno del caporalato e si danno indicazioni volte un po’ a riorganizzare gli uffici della procure della Repubblica. Bastano? No, sono insufficienti. Il caporalato è un fenomeno grave, ma c’è un problema più generalizzato che interessa tutto il Paese, in tutte le varie aziende e imprese». «La mia speranza – sottolinea Guariniello – è che si possa andare oltre queste indicazioni contenute nel Pnrr. Bisogna prendere ulteriori provvedimenti, aumentare gli organici e la professionalità non solo dell’Ispettorato nazionale del lavoro ma anche delle Asl. Sento dire che ci sono i controlli. Ma dove sono?».
Sul piano della giustizia penale, anche alla luce della sua esperienza del processo ThyssenKrup che si è concluso dopo dieci anni ma si è salvato dalla prescrizione perché le indagini sono state fatte in due mesi e mezzo, con magistrati che sapevano come muoversi, Raffaele Guariniello rilancia una sua proposta avanzata ormai da anni e finora rimasta inascoltata: «Una riforma della giustizia penale che comprenda l’istituzione di una Procura nazionale in materia di sicurezza sul lavoro e più in generale in materia ambientale. Abbiamo procure troppo piccole dove ci sono bravissimi magistrati, ma che non hanno modo di specializzarsi. E invece la specializzazione è la chiave di volta».
Uno dei problemi della sicurezza evocato ultimamente è quello relativo alle condizioni di lavoro negli appalti e nei subappalti, al centro del decreto Semplificazioni. Non è una preoccupazione infondata. «Nelle sentenze che leggo ormai da tanti anni l’infortunio in ambito degli appalti e dei cantieri è il fenomeno più frequente. Ma le norme ci sono ed è importante che non vengano toccate, che si continui a imporre la sicurezza e che se ne verifichi l’osservanza». Il magistrato ci tiene poi a fare chiarezza: «Le norme per un infortunio che avviene nei subappalti non ritengono responsabile solo il subappaltatore, ma anche l’appaltatore e il committente che ha l’obbligo di organizzare l’assistenza anche in rapporto al caso del subappalto. È chiaro che più si va scendere e più aumentano i pericoli, ma le leggi prevedono anche questo. Il decreto 81, il Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si preoccupa di evitare che i costi della sicurezza possano essere suscettibili di ribasso. E questo viene detto anche per i cantieri temporanei o mobili».
La conclusione, quindi, di fronte a qualsiasi scenario si venga a creare, è netta: «È importante che questa norma rimanga. Se vogliamo modificare il decreto 81, facciamolo, ma per renderlo ancora più incisivo. Questa norma contro il ribasso è stata messa per evidenti ragioni, perché l’impresa appaltatrice o subappaltatrice per vincere l’appalto potrebbe cercare di ridurre i costi della sicurezza, ma la legge è chiara, non si possono ridurre». Il tema della sicurezza sul lavoro riguarda l’annoso problema della cultura d’impresa ma non solo. Guariniello solleva l’attenzione sugli Rls, cioè i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza a cui sono demandati compiti di verifica e di controllo. «Un mestiere molto difficile, molto delicato. Come dice il decreto 81, nell’ambito di un’azienda l’Rls “non deve subire pregiudizio alcuno”, ma poi in concreto non è così. E poi è realmente formato? Gli Rls rischiano di essere dei figli di nessuno, non li possiamo abbandonare a se stessi, anche i sindacati devono farsi carico di aiutarli nell’assolvere i loro compiti che sono, appunto, delicati».
La sicurezza sul lavoro, infine, non può essere disgiunta da quella ambientale, che spiega l’impegno recente dell’ex magistrato dopo che la Commissione europea ha lanciato una campagna per modificare una direttiva sulla tutela penale dell’ambiente. «Le due cose – lavoro e ambiente – non si possono disgiungere. Il processo Eternit ci ha insegnato che i rischi non restano confinati nell’azienda ma finiscono per coinvolgere tutta la popolazione. Ogni anno a Casale Monferrato – e l’ho segnalato anche alla Commissione Ue – muoiono 50 persone, sono cittadini esposti all’amianto nell’ambiente. Purtroppo tanti procedimenti penali in materia di crimini ambientali sono finiti in prescrizione». La proposta di legge che Guariniello ha presentato come presidente della Commissione amianto nel giugno 2020 prevede norme nuove tra cui «una che prevede che quando si verifica un disastro, il reato si consuma fino a quando si verificano gli effetti, non basta cessare l’attività dell’azienda». È stata recepita questa proposta di legge dalle forze politiche? «È rimasta lì, è ferma».
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