Continueremo a chiedere di prorogare il blocco dei licenziamenti per tutto il tempo necessario ad ultimare la riforma degli ammortizzatori sociali e a immaginare soluzioni alternative per le centinaia di migliaia di persone che rischiano di perdere l’unica fonte di reddito per sé e per le proprie famiglie.

Il 18 giugno, Adil Belakhdim, sindacalista in presidio davanti ai cancelli del deposito Lidl per cui lavorava, è stato travolto e ucciso da un camion che ha forzato il blocco dei lavoratori. È morto ammazzato per aver rivendicato dignità e diritti. Questo episodio si aggiunge a quanto accaduto la notte di giovedì 10 giugno alla Zampieri di Tavazzano, dove diversi picchiatori in pettorina catarifrangente hanno attaccato a colpi di bastoni i lavoratori dell’hub Tnt FedEx di Piacenza, chiuso settimane fa dalla multinazionale della logistica, lasciandone nove feriti a terra.

Questi attacchi svelano delle realtà padronali e violente e ci dicono di un’escalation di attacchi gravissimi nei confronti dei facchini e del diritto di sciopero, proprio nel settore che ha accumulato più profitto durante la pandemia, quello della logistica. Nella logistica le associazioni datoriali hanno da tempo messo in campo un’offensiva che punta ad abbattere le conquiste ottenute dai facchini negli ultimi dieci anni.

Due sono le situazioni più emblematiche, almeno tra i fronti che si sono aperti più di recente. Da una parte c’è la vicenda Amazon, dove i sindacati confederali hanno da poco conquistato una contrattazione che migliori le condizioni di lavoro, in particolare quelle dei driver. E questa cosa evidentemente non piace. Dall’altra c’è la vertenza FedEx-Tnt, che vorrebbe licenziare migliaia di lavoratori, discriminando quelli iscritti ai sindacati di base, che di certo non rinunciano a lottare per i propri diritti e salari migliori. E questo è persino più inviso dalla parte padronale, perché quelle lotte sono attraversate da un bisogno che accomuna milioni di lavoratori in Italia e il conflitto rischia di diffondersi. Ma c’è di più. È uscita allo scoperto quella parte del Paese che vuole i licenziamenti, li vuole ora e non ha alcuna intenzione di ricorrere a soluzioni alternative per salvaguardare la vita e la sicurezza sociale di chi lavora per vivere. Quello che conta è nuovamente il profitto.

Siamo in una condizione in cui da una parte ci sono coloro che difendono il lavoro, la parte dei sindacati, dei diritti e della dignità del lavoro, mentre dall’altra ci sono coloro che ingaggiano milizie private per abbattere chi protesta per salari migliori, coloro che attentano alle vite dei lavoratori manomettendo i dispositivi di sicurezza e che condannano intere generazioni a vivere sotto la soglia di povertà. La situazione sarebbe ovviamente più articolata eppure anche queste sono considerazioni buone per i tempi di pace. Noi invece stiamo vivendo nel pieno di un conflitto e dobbiamo decidere da che parte stare. E questa parte è la parte di chi vuole garantire sicurezza attraverso il lavoro e dignità con i salari.

Noi continueremo a chiedere di prorogare il blocco dei licenziamenti per tutto il tempo necessario ad ultimare la riforma degli ammortizzatori sociali e a immaginare soluzioni alternative per le centinaia di migliaia di persone che rischiano di perdere l’unica fonte di reddito per sé e per le proprie famiglie. Continueremo a batterci per una soglia minima salariale che possa rappresentare un vero contrasto alla povertà dilagante, partendo da una delle tante proposte presentate durante questa legislatura, una delle quali ho depositato io stesso come primo firmatario. Continueremo a chiedere un nuovo Statuto dei Lavoratori, che tenga in considerazione la nuova organizzazione del lavoro e fornisca ai lavoratori più adeguati strumenti di rappresentanza, a partire dalla contrattazione inclusiva, e che tuteli il diritto allo sciopero. Nella difesa del lavoro e della vita di chi lavora per vivere, ci troveranno sempre pronti.

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L’autore: Francesco Laforgia è docente universitario, senatore di Leu e fondatore di èViva


L’editoriale è tratto da Left del 25 giugno – 1 luglio 2021

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